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"Sì al nucleare ma sicuro"

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Silvio Berlusconi e Barack Obama

Silvio si Obamizza sul web

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Una agenzia italiana per la sicurezza nucleare e una Scuola nazionale per la sicurezza nucleare. È l'annuncio che Berlusconi fa nel suo intervento al summit sulla sicurezza nucleare a Washington, ribadendo che l'Italia intende tornare alla produzione di energia nucleare. Un concetto più volte ribadito dal premier, a testimonianza di come il premier italiano creda fermamente nel ritorno al nucleare, senza però trascurare la questione sicurezza. «Bisogna convincere i cittadini che oggi le centrali nucleari sono assolutamente sicure», aveva detto qualche giorno fa Berlusconi al termine del vertice italo-francese dopo aver definito «doverosa» la scelta del governo italiano di tornare al nucleare per tagliare la bolletta energetica nazionale. Una strategia che Berlusconi pensava di far passare anche attraverso «le televisioni». E che ha ispirato una parte del suo intervento di ieri a Washington. A sentire il discorso del Cavaliere ci sono tutti i leader del mondo: per il summit organizzato dal presidente Obama sono arrivati 38 capi di Stato e di governo. Davanti ai Grandi della terra, il Cavaliere ha ribadito che l'Italia, oltre 20 anni dopo il referendum anti-nucleare, ha deciso di tornare all'atomo. Ma in una cornice di assoluta sicurezza, per i suoi cittadini e per il resto del mondo. È in questa chiave che può essere interpretato il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio al summit, con il duplice annuncio della costituzione di una Agenzia italiana per la sicurezza nucleare e di una Scuola nazionale per la sicurezza nucleare. Con quest'ultima che avrà sede probabilmente a Trieste. «Il mio governo - ha detto infatti il premier - soltanto ora, 25 anni dopo (il referendum anti-nucleare, ndr), ha potuto approvare un nuovo programma per la costruzione di centrali nucleari ad uso civile». Il sogno di un mondo senza più armi atomiche è stato il cardine di tutto l'intervento del Cavaliere. Il cerimoniale gli ha riservato uno tra i primi posti nella scaletta degli interventi, aperta ovviamente da Obama. E Berlusconi ha parlato da "figlio della Guerra Fredda", un'epoca dominata dall'incubo dell'Olocausto nucleare, con gli arsenali nucleari delle due superpotenze capaci di distruggere «dieci volte» l'intera popolazione mondiale. Per questo, ha detto, «la visione di un mondo senza armi nucleari» disegnata con il trattato Start 2 rappresenta «una speranza per tutti noi, per i nostri figli e le generazioni future»: «Tutto il mondo - ha aggiunto rivolgendosi al presidente russo Dmitri Medvedev e ad Obama - vi è grato per quello che siete riusciti a fare». Sabato scorso, a Parma, davanti ad una platea di industriali, il premier si era intestato buona parte del merito per l'intesa, raggiunta grazie ad una paziente opera di «ricucitura» tra Washington e Mosca dopo il "gelo" degli ultimi anni dell'era Bush. Ieri, davanti agli uomini più potenti del mondo e ai diretti protagonisti, Berlusconi, che ha parlato a braccio, ha ammorbidito il concetto, insistendo tuttavia sullo stesso spartito: «Fin da quando sono sceso in politica ho sempre inseguito come primo obiettivo l'accordo» tra Stati Uniti e Russia. Una frase riportata d'altra parte a grandi linee anche nel testo che il premier si era preparato, laddove aveva scritto di aver lavorato «personalmente» all'intesa fin dal vertice di Pratica di Mare del 2002 che istituì il Consiglio Nato-Russia. Se la sera prima pare che il premier si sia arrabbiato dopo la cena per aver aspettato quaranta minuti la sua macchina, ieri mattina invece, Berlusconi si è ritrovato una piacevole sorpresa: la foto della sua stretta di mano di ieri con Obama campeggiava infatti in prima pagina sul Washington Post, assieme a quelle del presidente Usa con altri 10 dei 38 leader arrivati a Washington.

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