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Di Pietro referendario per finta

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Negli ultimi due mesi ne ha lanciati tre. Ogni volta che il governo Berlusconi dà vita ad una legge che non gli piace, Antonio Di Pietro pronuncia la parola magica: referendum. È una specie di malattia. Non riesce proprio a trattenersi. Lo scorso 27 febbraio, ad esempio, ha fatto sapere che l'Italia dei valori sta raccogliendo le firme per il referendum contro il nucleare e contro la privatizzazione dell'acqua. E meno di una settimana fa ha presentato i quesiti. Iniziativa che ha fatto andare su tutte le furie il Forum italiano dei movimenti per l'acqua. E adesso sul sito www.acquabenecomune.org campeggia la scritta: «Il referendum per l'acqua pubblica deve essere una battaglia comune. Per l'Italia dei Valori, invece, No!» Sbagliano ad arrabbiarsi. In fondo Tonino è fatto così. Mentre lo attaccano per la sua iniziativa unilaterale, ha già lanciato un altro referendum. Nel mirino c'è il legittimo impedimento. E poco importa che la legge firmata da Giorgio Napolitano, essendo una norma transitoria, durerà al massimo 18 mesi (cioè sicuramente meno dell'iter necessario per arrivare alla consultazione referendaria). L'ex pm va avanti per la sua strada. È la sua specialità. L'importante è parlarne, riempirsi la bocca di frasi roboanti sulla necessità che la gente fermi il tiranno Berlusconi. Il referendum è uno specchietto per le allodole. Tanto che nessuno di quelli promossi dal leader Idv ha mai visto la luce. Il suo cavallo di battaglia è il finanziamento ai partiti. La prima volta che ne parlò era il 1998. «Brandiremo - annunciava orgoglioso il 3 dicembre - ancora una volta l'arma del referendum per abrogare una legge che era già nata con il "trucco" e che ora viene usata con la truffa». Per capire quanto quella battaglia abbia avuto successo basta un balzo temporale. È il 7 gennaio 2009, quasi 11 anni dopo, e Di Pietro ha appena depositato in Cassazione, dice lui, circa un milione di firme contro il lodo Alfano (la sentenza della Corte Costituzionale ha dato una mano rendendo inutile il referendum e evitando la verifica effettiva del numero di firme consegnate). Ma la prossima battaglia è già pronta: «Pensiamo ad un pacchetto di referendum sui quali si potrebbe andare alle urne nella primavera del 2010 e l'abolizione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti è uno degli obiettivi». La primavera 2010 è arrivata, dei referendum neanche l'ombra. Eppure il pacchetto era nutrito: dalla legge sulle intercettazioni alla riforma Gelmini, passando per federalismo fiscale, testamento biologico e sicurezza. Non pervenuti. Probabilmente hanno fatto la stessa fine di un altro «grappolo di referendum» che Di Pietro annunciò il 22 giugno 2008. L'obiettivo era abrogare le «norme più inique avviate dal governo Berlusconi». Quali? Finanziamento pubblico ai giornali di partito, finanziamento dei partiti, intercettazioni, sospensione dei processi e norma salva-Rete 4. Alzi la mano chi è stato chiamato ad esprimersi su uno di questi temi. Ma andando a ritroso negli anni la lista si allunga: ancora il finanziamento pubblico ai partiti (2004), immunità parlamentare (2004), legge Cirami sul legittimo sospetto (2002), falso in bilancio (2002), tutte le «leggi truffa in materia di giustizia» (2002), rogatorie internazionali (2001). Tanti annunci e pochi fatti. Le uniche due consultazioni su cui l'ex pm si è veramente impegnato, fino a consegnare le firme, sono quelle contro il lodo Alfano e il lodo Schifani suo predecessore, entrambi spazzati via dalla Consulta. Nel 2009, sposò anche la causa del referendum sulla legge elettorale. Promosse il «sì» ma poi, all'ultimo minuto, annunciò che avrebbe votato «no». Il referendum non raggiunse il quorum. Esattamente come accade da 15 anni a questa parte. Insomma da un lato la Corte Costituzionale (due volte), dall'altro il cambio rapido di posizione, hanno salvato Tonino dalle brutte figure. Per il resto è bastato annunciare i referendum e non raccogliere le firme. Ma stavolta è diverso. «Il primo maggio - spiega Di Pietro rilanciando la consultazione contro il legittimo impedimento - iniziamo una raccolta di firme per un referendum per cancellarla». E guai a chi ride.

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