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Vergogna se coinvolti Il rischio di un ricatto

Una combo mostra l'ospedale di Emergency a Lashkargah (Afghanistan) e due dei tre italiani arrestati in Afghanistan: Matteo Dell'Aira (in alto) e Marco Garatti (in basso)

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Accuse terribili. Ammissioni ancora più inquietanti. I tre operatori sanitari di Emergency avrebbero confessato la loro partecipazione al complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand. Una vicenda che si tinge di giallo. La notizia della confessione da Kabul trova megafono nei giornali inglesi. con i quali esiste una ruggine mai completamente scomparsa. Nessuna conferma arriva invece da fonti ufficiali. La Farnesina rimane in attesa. «Prego veramente da italiano che non ci sia nessun italiano che abbia direttamente o indirettamente compiuto atti di questo genere. Lo prego davvero di tutto cuore, perché sarebbe una vergogna per l'Italia», commenta il ministro Franco Frattini. Quelle contro i tre italiani operatori di Emergency in Afghanistan «sono accuse gravi, la polizia e gli investigatori stanno lavorando. Noi vogliamo la verità», ha detto ancora Frattini. Un verità che tutti vogliono. Difficile, però, da dipanare in quello scenario afghano così complesso. L'arresto dei tre italiani arriva a pochi mesi dal grave attentato a Kabul dove è stato ucciso Antonio Colazzo, il numero uno della nostra intelligence. In questi giorni c'è l'avvicendamento delle truppe italiane al Prt di Herat. Quasi un vuoto di potere dove si può essere inserita la volontà di indebolire la nostra leadership in Afghanistan. Nonostante talune affermazioni di facciata, in Afghanistan i rapporti tra le diverse componenti della forza multinazionale Isaf, non sono idilliache. Tra gli stessi americani e inglesi non corre buon sangue sulla conduzione delle operazioni. Sin dai tempi dell'offensiva di Tora Bora nel 2001. Gli italiani, nel loro Prt nella provincia di Herat, stanno ottenendo buoni risultati, sono spesso criticati dai colleghi britannici per i troppi caveat e, con una certa invidia, per la capacità di conquistare «menti e cuori» degli afghani senza usare le maniere forti. Resta, da parte italiana, il disappunto per come le forze speciali inglesi gestirono le operazioni durante il tentativo di liberazione dei due agenti del Sismi catturati dai talebani nell'ottobre 2007. I nostri commandos furono lasciati indietro e nel blitz, Lorenzo D'Auria fu colpito a morte. In questo scenario così complesso, tremila soldati italiani sono in prima linea per sostenere la ricostruzione dell'Afghanistan e distruggere i santuari del terrorismo. Un impegno forte ribadito sul campo. Emergency invece è una struttura italiana che svolge una funzione eminentemente umanitaria: cura i feriti. A qualunque schieramento appartengano. Emergency non lo ha mai nascosto. Opera in Afghanistan dal 1999, ha curato talebani, soldati fedeli a Karzai e forse anche qualche terrorista di Al Qaeda. Ma soprattutto ha curato tanti civili innocenti, vittime principali di ogni guerra. Perché degli operatori sanitari, da anni sul territorio, che operano per un'organizzazione dichiaratamente schierata contro la guerra, avrebbero scelto di diventare terroristi? Per ideologia? Per soldi? Sembra tutto molto fragile. Le armi e le bombe ci sono, è certo, ma chiunque potrebbe averle portate dentro l'ospedale. Dietro l'arresto dei tre italiani potrebbe esserci un ricatto. Un tentativo di fare pressione su Emergency e sull'Italia. Il governo di Kabul, appena una settimana fa, ha accusato gli europei di aver cercato di manipolare le elezioni presidenziali. Poi Karzai si è detto pronto a unirsi ai talebani. E l'altro ieri invece ha stretto la mano a McChrystal. Il «Grande gioco» lo hanno inventato qui. Spesso è un doppio gioco.

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