Fini si gioca tutto al tavolo delle riforme
Gianfranco Fini non fa una piega. Nonostante molti giornali ieri abbiano parlato nuovamente di un suo scontro con Berlusconi sul tema del semipresidenzialismo, il presidente della Camera ha derubricato il tutto a innocuo chiacchiericcio. Perché sa che la partita che si sta per giocare, quella delle riforme costituzionali, è la sua grande occasione. Il punto di snodo della legislatura nel quale può tornare ad avere un posto di primo piano. Anche dentro il Pdl. Chi ci ha parlato nei giorni scorsi, come il sottosegretario Andrea Augello, racconta di un Fini molto tranquillo e soprattutto intenzionato a lavorare in estrema armonia con il presidente del Consiglio. Il motivo è semplice: una riforma che introduca il premierato forte e l'elezione diretta del Capo dello Stato può solo avvantaggiarlo. Perché quando si tratta di essere votati direttamente dai cittadini il più forte resta sicuramente Silvio Berlusconi ma subito dopo viene lui, l'unico in grado, come il Cavaliere, di raccogliere consensi dal Nord al Sud. Ma al di là delle semplici convenienze Fini sa anche che il ruolo che ricopre lo mette in una posizione di assoluta rilevanza sulla strada che porta all'approvazione delle riforme. Prima di tutto perché ha con l'opposizione – il Pd in primo luogo ma anche l'Italia dei Valori – un rapporto ottimo. Nei suoi interventi è stato più volte sostenuto e applaudito proprio dai Democratici, tanto che qualcuno nel Pdl lo ha «bollato» come il vero leader del centrosinistra, quello che vorrebbero avere ma non hanno. Trovare un contatto con lui, per Bersani, è molto più facile che cercarlo con Berlusconi. In più il suo ruolo istituzionale di presidente della Camera ne fa un personaggio fondamentale per la discussione dei progetti di riforma. Specialmente in una situazione in cui il centrodestra deve riuscire a portare a casa le revisioni costituzionali coinvolgendo anche l'opposizione per evitare di dover passare ancora una volta sotto le forche caudine del referendum. Infine, a rafforzarlo ancora di più c'è il rapporto con Giorgio Napolitano. Che Gianfranco Fini e il Presidente della Repubblica abbiano una sintonia su molti temi, dall'immigrazione alle riforme, non è un segreto. E i numerosi «contrappunti» che Fini ha fatto ai provvedimenti del governo in questi primi due anni di legislatura spesso sono andati proprio nella stessa direzione che voleva il Capo dello Stato. «Anche sul tema del semipresidenzialismo le sue obiezioni sono sacrosante – spiega un finiano, il deputato Silvano Moffa – non si può avere un premier forte che sceglie anche i parlamentari da far eleggere. È chiaro che ci deve essere una modifica che tocchi anche la legge elettorale. Ma su questo, al di là delle polemiche di questi giorni sono tutti d'accordo». In questa situazione è chiaro che un testo delle riforme a cui lavora anche l'ex leader di An per il Quirinale sarebbe certamente una garanzia. Fini lo sa. Ed è per questo che d'ora in poi non ha più intenzione di andare allo scontro con Berlusconi.