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Benedetto XVI ancora nel mirino

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Papa Benedetto XVI

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Fare come se nulla fosse accaduto. Sembra questa la strategia del New York Times. Che, incurante del fatto che l'attacco dell'Associated Press a Benedetto XVI sia incappata in ben cinque inesattezze che ne hanno dimostrato l'inconsistenza, ha parlato nuovamente del caso Kiesle, riportando delle dichiarazioni del suo vescovo di allora John Cummins. Nelle intenzioni del quotidiano newyorchese, le parole di Cummins servirebbero a confermare i "colpevoli" ritardi vaticani. Ma basta leggere le dichiarazioni per rendersi conto che le cose non stanno così. John Cummins aveva ripetutamente chiesto in Vaticano di accettare la riduzione allo stato laicale di Stephen Kiesle. Questi, di comune accordo con il vescovo, aveva deciso di non tornare al servizio della comunità dopo aver scontato tre anni di libertà vigilata per atti osceni con dei ragazzini. La richiesta del vescovo era arrivata sulla scrivania della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1981, poco prima che Ratzinger si insediasse come Prefetto. Cummins riferisce al New York Times che la Santa Sede in quel periodo, dopo il Concilio Vaticano II, era particolarmente riluttante a "spretare" i suoi sacerdoti, che in maniera sempre più crescente chiedevano una dispensa. «In conseguenza di questo papa Giovanni Paolo II rallentò molto le cose e rese il processo molto più ponderato». Negli anni Settanta, infatti, moltissimi sacerdoti avevano chiesto dispensa dal celibato, e questa era stata concessa a volte in maniera troppo semplice. Giovanni Paolo II stabilì, tra le altre cose, che la dispensa non venisse concessa prima dei quaranta anni, salvo casi particolari. È la prassi che segue Ratzinger. «L'impressione - si legge in un memo del reverendo Mockel, funzionario diocesano di Oakland - è che si stia aspettando che Kiesle diventi più vecchio». La dispensa verrà infatti concessa nel 1987, quando Kiesle compirà quaranta anni. C'è di più: già nel 1983 Ratzinger era orientato a concedere la dispensa a Kiesle, e appoggiò la richiesta presso le istanze superiori vaticane. Si è trattato, come dice Jeffrey Lena, uno dei legali della Santa Sede, di «giudizi affrettati» riguardo il contenuto della lettera, della quale non può «confermare l'autenticità». Lena spiega che Ratzinger, chiedendo di fornire «cure più paterne possibili» al sacerdote, dava al vescovo la responsabilità che gli abusi non si ripetessero. Secondo quanto riferito da Lena non vi sono notizie di abusi commessi da Kiesle tra il 1981 e il 1987, anno nel quale perse la tonaca. Perché questa manipolazione di notizie? L'Economist ha attaccato il Vaticano di vedere complotti ovunque, come Berlusconi. Ma si tratta dello stesso settimanale che tempo fa, al termine di un'accurata analisi sulla politica estera della Santa Sede, scrisse che sarebbe stato meglio che il Vaticano si fosse costituito come una Ong. Forse si vuole colpire il Papa per delegittimare la Santa Sede? Gli attacchi moltiplicano le manifestazioni di vicinanza: il cardinale Rouco Varela, presidente dei vescovi spagnoli, manda un telegramma di solidarietà al Papa a nome dei vescovi spagnoli; e il cardinale di Torino Poletto, all'apertura ufficiale dell'ostensione della Sindone, ha affermato: se c'è una persona che non si può toccare in tutta questa vicenda, perché è sempre stato inflessibile, è Benedetto XVI. Solo che vedo questo accanimento sui giornali e mi chiedo ma chi ci sta dietro a questa insistenza?». Anche il ministro degli Esteri Frattini denuncia la «campagna di violenza e fango» contro il Papa. Il Papa, nel frattempo, continua il suo lavoro. E invia un telegramma di cordoglio al popolo polacco per il disastro aereo che in pratica ha decapitato le istituzioni della Polonia. «Alle famiglie dei morti - dice il Papa - e a tutti i Polacchi presento le mie sincere condoglianze assicurandoli della mia vicinanza spirituale. In questo difficile momento imploro per il Popolo polacco una benedizione speciale di Dio onnipotente».  

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