Lo sgomento di Boniek: "Tragedia senza un perché"
«Perché un aereo così vecchio? Perché il pilota ha continuato a tentare l'atterraggio dopo che gliel'avevano sconsigliato? Perché è successo?». Zbigniew Boniek non riesce a darsi pace. La notizia della tragedia di Smolensk gli è arrivata con qualche ora di ritardo, mentre era impegnato in un torneo di golf a Roma. Una volta appresa la portata del dramma «le gambe hanno incominciato a tremarmi, su quell'aereo c'erano 132 persone, e io ne conoscevo almeno il 90%, sono sconvolto, non riesco neanche a parlare». A bordo del Tupolev-Tu 154 c'era anche Piotr Nurowsky, il presidente del Comitato Olimpico polacco, l'uomo con il quale Boniek aveva condiviso un'infinità di battaglie sportive per il proprio Paese: «Ma Piotr era molto di più - spiega l'ex calciatore - era un amico personale, uno dei più cari. Siamo stati tantissime volte a cena insieme, conosco la moglie, le figlie. Adesso non so neanche come comportarmi, non so se devo fare loro una telefonata, non so chi chiamare per primo, non so cosa dire. Cosa si fa quando succede una cosa del genere?». Boniek non riesce a spiegarsi le circostanze in cui si è verificata la tragedia: «Stanno dicendo che si tratta di un errore umano, lo so, ma non capisco ugualmente perché il governo polacco usasse ancora quel vecchio aereo, un volo charter. Nel 2002 ero vicepresidente della Federcalcio del mio Paese e ci recammo in Corea per assistere al Mondiali con lo stesso aereo. Ricordo che già all'epoca pensai che era incredibile che un governo di uno stato occidentale potesse usare un mezzo del genere. Ce n'erano altri molto più moderni». Il comportamento del pilota lo lascia perplesso: «Dalla torre di controllo avevano sconsigliato di atterrare in quelle condizioni, c'era troppa nebbia. Volevano che facessero rotta su Minsk. Perché il pilota ha insistito per quattro volte? Forse temevano di far tardi alla commemorazione di Katyn, ma una cosa del genere non sarebbe dovuta accadere». Ora la Polonia si ritrova con una classe dirigente decapitata, proprio nel momento in cui l'economia stava trainando il Paese ed era stata lanciata la sfida sportiva degli Europei di calcio 2012: «Questo dramma ci ha portato via l'elite politica e finanziaria della nostra nazione - riflette Boniek - ma sono convinto che non arresterà la crescita polacca. Anzi, in queste tragiche circostanze la popolazione si compatterà ancora di più». È il momento del dolore, non ancora quello delle analisi politiche su quanto potrà accadere in futuro, e questo «Zibì» lo sa bene: «Non mi sono mai schierato politicamente, ho sempre preferito restare un semplice simbolo sportivo per il mio Paese. Adesso per tutta la nazione è tempo di elaborare il lutto. Poi passerà il tempo e si ricomincerà a lavorare per il futuro. Verranno altri politici, altri leader. La vita deve andare avanti, è così che si dice, no? Il Paese continuerà a crescere, anche se sarebbe stato bello fosse successo senza questa tragedia».