La Sindone al Quirinale
Il verbale è del 25 settembre 1939. Due pagine ingiallite dal tempo. Un documento scritto di pugno che testimonia il trasferimento da Torino all'abbazia di Montevergine in provincia di Avellino di quella che tutti ormai considerano la «reliquia delle reliquie»: la Sacra Sindone. E così il lenzuolo che la tradizione vuole avesse avvolto il corpo di Cristo dopo la crocifissione, per ordine di Casa Savoia che ne era la proprietaria, lasciò il capoluogo piemontese per essere messa al sicuro nel monastero mariano arroccato sulle montagne campane. Un lungo tragitto iniziato il 7 settembre dello stesso anno e che, cosa poco nota, arrivò a Roma il giorno seguente e qui vi rimase fino a quando, il 25 dello stesso mese, non venne trasferita a Montevergine. «Dopo essere stata tolta dall'abituale suo luogo (la Cappella della SS. Sindone all'interno del Palazzo Reale di Torino, ndr)- riporta testualmente il verbale di consegna e di deposito temporaneo del Sacro lenzuolo scritto dall'abate Giuseppe Marcone - la cassetta d'argento contenente la Reliquia (...) venne portata a Roma il giorno 8 settembre, accompagnata dal Cappellano di Sua Maestà e Custode della SS. Sindone Monsignor Paolo Brusa e dall'altro Cappellano di Sua Maestà, Teologo D. Giuseppe Gallino, e deposta provvisoriamente nella Cappella detta di Guido Reni dentro il Palazzo Reale del Quirinale». Una storia poco conosciuta che però, grazie al lavoro di conservazione dei documenti eseguito da Padre Andrea Davide Cardin, direttore della Biblioteca di Montevergine, e quello di ricerca del giornalista Antonio Parisi, oggi, a più di sessant'anni di distanza, è possibile raccontare. E così si è scoperto che per più di quindici giorni, la Sindone ha trovato rifugio all'interno del Quirinale che all'epoca era la residenza di Re Vittorio Emanuele III. Una storia tenuta volutamente segreta sia da parte di Casa Savoia che da parte del Vaticano per paura che la fuga di notizie sul suo trasferimento potesse renderne vano il tentativo di salvarla dai bombardamenti. E non solo. E qui si inserisce il secondo elemento che sempre analizzando i testi originali dell'epoca riescono a spiegare le giuste motivazioni che spinsero i reali a trasferire da Torino a Montevergine la Sindone. Infatti, anche se il sacro telo fosse stato «rispettato dalle bombe, non sarebbe forse stato rispettato dall'invasore che si affrettò a chiederne notizie». Una certezza per l'allora Cardinale Fossati, arcivescovo di Torino, che, in un testo pubblicato nel novembre del 1946 dalla Rivista Diocesana torinese, bollettino ufficiale della Curia di Torino, non ebbe alcun dubbio a sostenere che la Sindone facesse gola a Hitler, smanioso in modo maniacale di entrare in possesso di oggetti collegati alla figura di Cristo. Una certezza che trova rispondenza dal punto di vista storico se si pensa che lo stesso Furher incaricò Otto Rahn, colonnello delle SS, di andare alla ricerca del Santo Graal mentre si impossesserà della Lancia di Longino custodita nel tesoro imperiale di Vienna. Tutti indizi che però preoccuparono ancora di più Casa Savoia e la Curia, nel momento in cui Hitler, venuto in Italia nel maggio del 1938, incaricò i suoi gerarchi di indagare sulla Sindone e sulla sua custodia. «Fu saggia cosa - continuava quindi il Cardinale - l'averla allontanata da Torino. Ma che ne sarebbe stato se invece che ai Benedettini di Montevergine essa fosse stata affidata a quelli di Montecassino?». Infatti, desiderio del Re era quello che fosse lo stesso Pio XII a custodirla in Vaticano. Ipotesi scartata dal Papa che riteneva la collocazione all'interno di San Pietro ancora più a rischio e suggerì di trasportarla a Montecassino. Per fortuna questo non accadde dato che l'abbazia nel febbraio del 1944 venne quasi rasa al suolo dalle truppe alleate che vi sospettavano erroneamente la presenza di reparti tedeschi. E così la Sindone superò indenne anche il secondo conflitto mondiale e da oggi fino al 23 maggio torna a mostrarsi in tutto il suo splendore all'interno del Duomo di Torino. L'apertura ufficiale dell'Ostensione, la prima dopo l'intervento conservativo del 2002 per riparare i danni dell'incendio del 1532 e delle profonde pieghe che deturpavano l'immagine, è attesa per la fine della cerimonia eucaristica del pomeriggio che sarà celebrata dal custode pontificio della Sindone, l'arcivescovo di Torino cardinale Severino Poletto. Poi inizieranno a scorrere i pellegrini, quasi un milione e mezzo quelli già accreditati almeno il doppio quelli attesi fino al 23 maggio. Un fiume in piena, in viaggio verso il grande mistero di Torino.