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Vertice ad Arcore: sul tavolo le riforme

Bossi e Berlusconi

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I primi ad arrivare a Villa San Martino sono i due coordinatori del Pdl, Denis Verdini e Sandro Bondi. Seguiti subito dopo dai Bossi (Umberto e Renzo), i ministri Tremonti, Calderoli e Maroni. Il neo presidente della Regione Piemonte Roberto Cota. E l'altro coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa. Sono quasi le venti e trenta: ad Arcore comincia il vertice Pdl-Lega. Sul tavolo da una parte la questione del dopo Zaia al ministero dell'Agricoltura, (con Berlusconi fermo sull'ipotesi Galan), dall'altra mettere a punto l'agenda delle riforme, dopo le parole chiare pronunciate ieri da Roberto Maroni. Il ministro dell'Interno, in un'intervista al Corriere della Sera, ha indicato la Lega come il soggetto giusto al quale affidare la responsabilità di formulare una proposta di grande riforma della Costituzione e ha confidato la propensione del Carroccio per la soluzione semipresidenzialista. E sempre alla Lega, secondo il responsabile del Viminale, toccherà ricercare le maggiori convergenze possibili con il Pd. Ma se l'uscita di Maroni sul semipresidenzialismo può essere valutata positivamente dai finiani, a preoccupare alcuni settori vicini al Presidente della Camera è la rivendicazione di un ruolo del partito di Bossi a scapito del Pdl. «Fuori luogo e inopportuna, quasi infantile», dicono parlamentari vicini a Fini. Ciò nonostante sulle riforme si potrebbe delineare una "convergenza di interessi" fra le diverse anime della maggioranza. La Lega, come dice apertamente Maroni, apre al semipresidenzialismo in salsa francese tanto gradito a Fini. E Berlusconi, sul tema, non ha pregiudiziali. È vero che alcuni suoi fedelissimi preferirebbero codificare l'attuale sistema, ricalcando quello britannico. Ma è un tentativo "soft", da mettere in pratica ove fallissero riforme più incisive. Chi ha parlato con il Cavaliere non smette di sottolineare come al premier la forma di governo interessi fino a un certo punto: l'importante è dare maggiore governabilità, è il suo leit motiv. Diverso il discorso per il sistema elettorale: «Quello francese ci piace poco, ma il semipresidenzialismo non si fa solo con il doppio turno», si spiega però nel Pdl. Le priorità del Cavaliere, è il ragionamento di un ex azzurro, restano il fisco (l'unica riforma che, sondaggi alla mano, interessa gli elettori) e la giustizia (da sempre un suo pallino). Ed entrambe sono affidate a uomini del Pdl: Giulio Tremonti e Angelino Alfano. «Che la Lega si occupi pure delle riforme istituzionali, del resto hanno quei ministeri», sottolinea un fedelissimo del premier. Anche il nodo del rimpastino non sembra preoccupare molto gli uomini del premier: la Lega, assicurano, rispetterà il patto in base al quale l'Agricoltura andrà al Pdl ed in quel caso la poltrona, salvo sorprese, sarà di Giancarlo Galan. Ecco perché in molti scommettono che la cena di Arcore serve principalmente a sancire un patto di fatto già siglato. Più complesso il discorso dei rapporti fra Berlusconi e Fini. Il presidente della Camera non intende stare a guardare. Ma la strada resta ancora in salita. Si aspettava un faccia faccia per oggi, ma in agenda non c'è nulla. Si parlava di telefonate tra i due, idem come sopra. Dallo staff di Berlusconi si tende a minimizzare: che la Lega abbia un ruolo particolare sulle riforme «è nei fatti, visto il ministero assegnato a Umberto Bossi». E dunque la cena di ieri sera è «un normale incontro tra il premier e il suo ministro per le Riforme». Né sarebbe un problema se l'incontro tra Berlusconi e Fini arriverà dopo l'Ufficio di presidenza del partito convocato per oggi alle 18: «Fini è rappresentato in questo organismo, quindi dov'è il problema?».

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