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Casini archivia i "due forni" e cerca Silvio

Casini

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Pier Ferdinando Casini è in vacanza. Alle Maldive. E questa è una certezza. Che nel mondo dei centristi non è poco di questi tempi. Il partito sembra una città dopo un bombardamento. Il leader non c'è. Il segretario, Lorenzo Cesa, si fa vedere e poi sparisce. L'unico rimasto sul campo in questo momento è Rocco Buttiglione. Almeno tra i big. Il risultato elettorale non è stato di quelli memorabili. Tanto che la sera del voto lo stesso Casini era piuttosto nervoso. Si narra che l'unico a risollevarlo di morale sia stato Renzo Lusetti, scuola De Mita appena approdato in via dei Due Macelli dal Pd. Anche quando era a sinistra veniva sempre spedito davanti alle telecamere se i dati dalle urne erano più travolgenti di un tir a dodici ruote. Lusetti sentenziò quella sera: «L'Udc è ovunque determinante». Che poi divenne il concetto del commento al voto di Casini. Un vecchio trucco per mascherare l'insuccesso. A ben leggere i numeri, e Lusetti li sa interpretare molto bene essendo stato per lungo tempo responsabile degli enti locali già nel vecchio Ppi, parlano chiaro. In Piemonte la scelta di andare con la laica Bresso in una coalizione con i radicali, non è piaciuta all'elettorato: addio a due punti percentuali. E addio anche alle pretese di lanciare per l'anno prossimo Michele Vietti come sindaco di Torino nella speranza per il partito di conquistare una grande città. A bruciare di più è il dato di Roma città. Senza la lista del Pdl, Casini si aspettava una buona affermazione. Tra i suoi c'era chi attendeva il botto. Alla fine, direbbe Totò, è venuta fuori una fetecchia: 4.25%. Peggiore addirittura del 4.36% delle Europee dell'anno scorso. In realtà non è tutto ombre. L'Udc intanto ha portato una bella truppa di consiglieri regionali, adesso può ricostruire una nuova classe dirigente ritrovando quei quadri intermedi che erano fuggiti via. E adesso va all'incasso di un bel nugolo di assessori in sei Regioni, tornando così a governare. Ma quel che pare archiviata è la politica dei due forni. Anche Casini sembrerebbe essersi convinto che andare un po' di qua e un po' di là è una linea che l'elettorato non comprende. Il bipolarismo è ormai radicato e finanche sedimentato nell'elettorato italiano. Dunque, nell'Udc la nuova parola d'ordine è allearsi. Bisogna allearsi, ripetono. Allearsi in maniera stabile con uno dei due poli. E cominciare a lavorarci da subito anche se per le Politiche si voterà solo nel 2013. L'intesa più naturale sarebbe con il Pdl. Un motivo su tutti: i due partiti fanno entrambi parte del Ppe. Berlusconi al momento non sembra propenso a fare trattative singole, tavoli, tavolini e tavoletti con possibili alleati. Vuole più andare dritto per la sua strada e chi c'è c'è. E l'idea di andare avanti la Lega viene letto come scegliere una corsia preferenziale di trattativa con il Pd (come fu con il federalismo fiscale) e una porta chiusa all'Udc che con Bossi non ha un buon rapporto. Ma allo stesso tempo nel Pdl aumentano coloro che non vedono di buon occhio lo strapotere di Bossi e preferirebbe aprire un dialogo con i centristi (Bondi, Cicchitto, Lupi). Non è molto ma è un inizio. Uno nuovo.  

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