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Più equilibrio tra An e Fi

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Fabrizio Cicchitto

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Il «miracolo» di Berlusconi e la caparbietà della candidata del centrodestra Renata Polverini. È questa, secondo il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, la ricetta vincente delle Regionali nel Lazio. Nonostante il pasticcio delle liste e l'offensiva contro il presidente del Consiglio. Onorevole Fabrizio Cicchitto, pensava che il Pdl vincesse le elezioni nel Lazio? «La partita ha sempre avuto un esito imprevedibile. Non è mai accaduto che uno schieramento politico si presentasse alle elezioni senza la propria lista di riferimento. Tutto a causa di un disegno ordito da alcune forze del centrosinistra». Poi c'è stato il miracolo. Siete riusciti a trasferire quasi interamente i voti del Pdl alla lista Polverini. «Esatto, una cosa incredibile». Merito del premier Berlusconi? «Certo, la sua discesa in campo è stata decisiva. Quello che non era riuscito con il gossip, con il caso Spatuzza, con l'uso di un'antimafia truccata stava avvenendo con l'esclusione del Pdl. Il messagio era: se siete incapaci anche di presentare le liste vuol dire che sarete incapaci di governare. Ma non è andata così. Anche perché Renata Polverini ha tenuto, ha continuato a fare campagna elettorale dando un'immagine di sicurezza». La storia si ripete: quando Berlusconi è messo sotto pressione diventa un ciclone... «Il punto è che i suoi avversari non riescono a fare altro. L'anti-berlusconismo è l'unico elemento che condividono Pd e Idv. Berlusconi ha proposto la manifestazione di San Giovanni, organizzata in una sola settimana, e ha fatto una serie di sortite a Roma che hanno spinto alla mobilitazione una fascia di elettorato vasta e il nostro partito. Hanno dato il meglio sia l'area storica ex An sia quella ex Forza Italia. L'unione tra le due anime è stata decisiva». I voti nelle province, esclusa Roma, hanno fatto la differenza. «Rivendico a me e a Gasparri di averlo capito subito. Non è un caso che il primo giro con la Polverini l'abbiamo fatto proprio in quelle zone. A Rieti c'è stato un forte traino di An mentre a Latina, Viterbo e Frosinone l'impegno dei moderati, riformisti, cattolici e laici di Forza Italia è diventato esplicito». A Roma, invece, le cose potevano andare meglio. La Bonino ha stravinto. «Nella Capitale abbiamo avuto una situazione più difficile. Sicuramente il risultato ottenuto è un campanello d'allarme: anche nei Municipi la larga maggioranza dei voti ha premiato la Bonino, che è stata la foglia di fico del centrosinistra. Va aperta una riflessione: guai a adagiarsi sulla gestione dell'esistente o dei grandi eventi. A Roma tutto si gioca sul terreno della manutenzione della città, per dire, sui tombini. Saranno pure cose poco brillanti ma decisive per i cittadini». Tra le aree ex An ed ex Fi continuano gli attriti. In Campidoglio gli «azzurri» sono piuttosto marginalizzati. Non le sembra? «C'è un problema di equilibrio. L'analisi del successo nel Lazio mostra che sarebbe un errore pensare che una parte sola sia autosufficiente. Non è così. Ora vanno riequilibrati ruoli e nomine».  A cominciare dalla vicepresidenza della Regione. Ma l'Udc la rivendica... «Vedremo come andrà a finire. Ma è evidente che alla vicepresidenza della Giunta e alla presidenza del Consiglio va dato riconoscimento alla componente di Fi». Giovedì sera lei ha riunito tutti i parlamentari «azzurri» eletti nel Lazio. Ha detto loro di stare in campana? «Li ho ringraziati e gli ho detto di non fermarsi, di essere presenti, come fanno quelli di An».

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