La Lega: Silvio al Colle Ma il Cav non ci pensa

«Ho vinto io. Questo risultato elettorale è il miglior riconoscimento per l'attività del governo». Poche parole, concise ed efficaci che Silvio Berlusconi ha voluto mandare a tutti quelli che prospettavano per lui un rapido ed irreversibile declino politico. E invece no. Il popolo, votandolo, lo ha riconosciuto leader. Capopopolo. Una promozione sul campo che ha riaperto i giochi rimettendo già in pista il nome del premier per le elezioni politiche del 2013. Una data che sembra lontanissima se si pensa che, sono passati solo due anni dall'inizio di questa legislatura, eppure Berlusconi sembra avere le idee molto chiare. Il risultato delle Regionali gli ha dato la forza giusta per superare gli scandali, le inchieste e gli attacchi di una magistratura politicizzata e per innescare in lui la voglia di rivendicare la poltrona di primo ministro. D'altronde sa che è la sua gente a chiederglielo. E i numeri non possono che dargli man forte: il suo Pdl, nonostante le difficoltà, è rimasto il partito più votato d'Italia e la Lega, alleata fedelissima ha quasi duplicato le preferenze assicurando quella stabilità di Governo che permetterà all'esecutivo di portare avanti quelle riforme di cui ha bisogno l'Italia. Eppure è proprio un leghista della prima ora, qual è Roberto Calderoli, a proporre una soluziona diversa per accontentare il Cavaliere nel 2013: «Silvio Berlusconi eletto al Quirinale - afferma il ministro della Semplificazione - con un primo ministro leghista o amico della Lega: in ordine di possibilità Giulio Tremonti, Roberto Maroni o Gianni Letta o, in caso di coabitazione alla francese, Sergio Chiamparino». Infatti, nel 2013, non solo finirà la sedicesima legislatura, ma anche il settennato di Giorgio Napolitano al Quirinale. E così, per la seconda volta (la prima nel 2006 quando in concomitanza con la fine della legislatura scadeva il mandato di Carlo Azeglio Ciampi a presidente della Repubblica) si parla di Berlusconi candidato al Colle, anche se, lo stesso premier, poco tempo fa, aveva promesso quel posto al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Ma il 2013 per Berlusconi rimane comunque distante soprattutto se c'è un Paese da governare e così preferisce pensare al presente. E così lancia la sfida sulle riforme. Vuole realizzarle in questi tre anni durante i quali gli schieramenti politici, liberi da campagne elettorali, potranno mettere da parte quel clima d'odio che ha accompagnato la prima parte della legislatura e trovare un accordo per avviare quelle manovre di cui il Paese sente la necessità. Un impegno al quale Berlusconi vuole dare seguito già oggi convocando ad Arcore Umberto Bossi. Un incontro bilaterale necessario per aprire la fase di confronto interno al centrodestra. Banco di prova secondo il Cavaliere, sarà il provvedimento sulle intercettazioni (all'esame della commissione Giustizia del Senato) su cui si misurerà la reale volontà di «collaborare da parte dell'opposizione». Ma il dossier messo a punto da Berlusconi è piuttosto nutrito: attuare il federalismo fiscale entro la fine dell'anno, mettere mano alla seconda parte della Costituzione eliminando il bicameralismo perfetto, ridurre il numero dei parlamentari e modificare la forma di governo passando da quella parlamentare a quella presidenziale con l'elezione diretta del Capo dello Stato o del Capo del governo. Un percorso che, per il premier, deve coinvolgere anche le opposizioni a patto che, «abbandonino ostilità preconcette». E se dall'Italia dei Valori arriva l'ennesima stoccata («Se la maggioranza porterà le sue proposte in Parlamento, mostrando davvero di volerle fare nell'interesse del Paese, e non del presidente del Consiglio, daremo il nostro contributo»), il segretario del, Pd Pier Luigi Bersani, dimostra collaborazione: «Siamo pronti a discutere di riforme, ma un confronto è possibile solo se il Parlamento sarà messo in condizione di "funzionare"».