Alemanno comincia la scalata al partito

Sempre più leader nazionale. Sempre più proiettato ad allargarsi oltre i confini di Roma. E oltre anche quelli del Lazio. Per Gianni Alemanno è cominciata la scalata a cui probabilmente tiene di più: quella al Pdl. Al punto che alcuni tra i suoi fedelissimi lo ritengono già di fatto il numero due del partito. Non è così. E forse anche questa è una definizione esagerata. Ma c'è di vero che il sindaco di Roma, grazie o per colpa (dipende dai punti di vista) dell'esclusione della lista Pdl nella Capitale, ha creato un rapporto diretto con Silvio Berlusconi. Fu lui a portargli Renata Polverini a Palazzo Grazioli nel momento più nero per il partito. Lei, la sindacalista, dall'imprenditore per eccellenza. Lei, la candidata di Fini, da Berlusconi nella fase di maggiore scontro tra i due. Lei, quella che piace anche a Casini e a sinistra: ovvero le due parti politiche che avevano scommesso sulla fine del Cav. Indubbiamente in quel momento è caduto un piccolo muro di Berlino all'interno del Pdl. Silvio s'è ritrovato come maggiori e migliori alleati quelli della destra sociale, coloro cioé che teorizzavano l'alternativa al Cavaliere, quelli che gridavano nelle loro convention che Berlusconi era il loro principale alleato non il loro principale. Il premier, che è un vero camaleonte, per esempio ha riscoperto una alemanniana di ferro come Barbara Saltamartini e ne è rimasto colpito. Ha visto la sua fedelissima romana Mariarosaria Rossi che organizzava il corteo di piazza San Giovanni assieme a Fabio Rampelli, ha saputo di Andrea Augello che lavorava fianco a fianco con Beatrice Lorenzin. Tutto ciò mentre Fini faceva un passo indietro, tra lui e il sindaco scendeva il gelo. Lo stesso Alemanno ha sempre pensato che tutto sommato Fini era il garante del trenta per cento aennino dentro il Pdl e comunque non si poteva prescindere. Ora, tra gli ex An sono in tanti che cominciano a pensare che invece bisogna farne a meno. Poi il voto. Alemanno ha visto incredibilmente crescere la sua componente. Aveva il 12% degli eletti ex An, oggi ha il 31. Nel Lazio contava su tre consiglieri, oggi su sei. Si muove sul territorio, dal basso mentre tutti si affidano ai massimi sistemi. Ha in mano il Campidoglio, ora anche la Pisana. Ha «sconfinato» in Abruzzo, dove ha messo in cantiere una serie di progetti per la ricostruzione e può contare anche su don Giovanni D'Ercole, vescovo ausiliare dell'Aquila. Vuole dire la sua a Napoli, dove nei prossimi mesi (forse nelle prossime settimane) bisognerà scegliere il candidato a sindaco, di fatto lo strafavorito: l'alemanniano Marcello Taglialatela è in pole position sul finiano Amedeo Laboccetta. Dalla Campania alla Puglia. Il sindaco di Roma può contare su Nino Marmo, primo degli eletti sebbene non sia proprio organico alla sua componente e infatti è stato sostenuto da tutta la destra; non solo quella sociale. Aveva provato a fare il bis su Bari (città dove Alemanno è nato) sostenendo Sergio Tedeschi, un ex carabiniere che poi non ce l'ha fatta. A Lecce regge l'asse forte con il sottosegretario Alfredo Mantovano. E si vede: eletto Elio Congedo. Tutto questo movimento nel sud Italia non è casuale. Così facendo Alemanno sta diventando ciò che a Berlusconi manca e può essere utile. Un contraltare alla Lega. Un leader tranquillo in grado di interloquire con i centristi. Un uomo di destra ma non è Fini. Un politico che non dispiace alla sinistra. Un cattolico punto di riferimento per la Chiesa. E non è un caso neppure che la sua fondazione, Nuova Italia, dopo aver lanciato il tema della partecipazione, lancerà quello del quoziente familiare. Un'ipotesi di cui già ha discusso con Maurizio Sacconi, il ministro del Welfare con cui ha un rapporto stretto. Come stretto, seppur a fasi alterne, lo ha con Giulio Tremonti. Più continuo quello con Roberto Formigoni e in generale con Comunione e Liberazione visto che da qualche anno partecipa agli esercizi spirituali di fine aprile a Rimini. E Roma? Sicuramente Alemanno pensa a un secondo mandato. Ma i numeri non sono dalla sua parte visto che anche in queste Regionali il centrodestra è dietro di quasi nove punti percentuali (54.17% contro 45.24%, -8.93) e circa 115mila voti di scarto. C'è da lavorare sodo e i big del Pdl invocano una svolta. I suoi più vicini (Augello, Piso e Rampelli) chiedono una seconda fase. Lui, Gianni, per ora rimanda. Aspetta prima di vedere i decreti attuativi di Roma Capitale, nel prossimo autunno con la possibilità anche di ampliare la giunta: il rimpasto potrebbe essere rimandato a ottobre. Poi deciderà che fare da grande.