Polverini story
Cosa ha pensato Renata Polverini, lunedì notte, baciata dalla luna piena, idolatrata dai supporter, issata sulle loro braccia poderose, ebbra di gioia? Lei che in quel momento era un po’ Cenerentola e un po’ onorevole Angelina, si premurava di telefonare alla sua mamma. «Stai là, aspettami» le aveva detto prima assicurandosi che stesse bene. Perché se dietro a un grande uomo c'è una grande donna, dietro una grande donna c'è un'altra grande donna, la mamma. La favola bella di Renata infatti comincia dalla signora Giovanna. La Polverini ha vissuto l'infanzia nel quartiere della Magliana e proviene da una famiglia povera, ormai è risaputo. All'età di due anni e mezzo ha perso il padre (Renata è nata il 14 maggio 1962, dunque è una Toro tosta e determinata). Per sbarcare il lunario la madre ha fatto svariati lavori: donna delle pulizie, addette allo scarico delle cassette di frutta alla Sma. Nel frattempo è pure diventata una giovane delegata della Cisnal, il sindacato della destra. Ha conosciuto un altro uomo che poi ha fatto da secondo padre alla figlia. Renatina è cresciua così, a pane e sindacato. C'è una foto che la ritrare piccolina in braccio alla mamma durante una «noiosa» riunione sindacale: «Non sapeva dove mettermi e mi portava con sé». La scuola primaria l'ha fatta invece in un collegio di suore, a Focene, vicino a Fiumicino. Le medie dai gesuiti. Poi l'Istituto di Ragioneria alla Magliana: «Avrei voluto iscrivermi all'Isef, ma quando lo annunciai a mia madre mi fece capire che non potevamo permettercelo». Cominciò così a lavorare come segretaria in una scuola. Nel frattempo si era fidanzata con l'attuale marito, un ex sindacalista della Cgil: «Lui viveva con la nonna comunista che ci leggeva l'Unità a voce alta. Era fissata: ci mandò a vedere la salma di Berlinguer perché lei non poteva uscire». Sono gli anni in cui Renata ascolta le canzoni di Lucio Battisti (Io vorrei, non vorrei ma se vuoi) ma, a sorpresa, è pure una fan sfegatata di Francesco Guccini, il cantante-mito della sinistra (la canzone preferita resta «L'avvelenata»). «Io e il mio fidanzato lo sentivamo a casa della nonna che non voleva perché diceva che nelle sue canzoni c'erano troppe parolacce». La svolta arriva quando entra in Cisnal. Prima come segretaria nell'ufficio di un vecchio dirigente: un fascista di altri tempi. Poi nell'ufficio stampa: «Facevo l'angelo delle fotocopie, portavo pacchi...». Insomma la gavetta: però è già in nuce la sindacalista. Che avesse la stoffa della leader, lo hanno capito subito i suoi dirigenti. Negli anni Novanta è, infatti, tutto uno scatto di carriera. Intanto la Cisnal si è trasformata in Ugl. La Polverini, come vice segretario generale si occupa (dal 1999 al 2005) fra l'altro, delle principali vertenze unitarie degli ultimi anni, dall'Alitalia alla Fiat di Melfi, dalla Thyssen-Krupp di Terni al rinnovo del contratto per il pubblico impiego. Il leader del Pd Walter Veltroni la stima e trasversalmente le propone la candidatura nel suo partito. Lei rifiuta: «Sono e resto una donna di destra». E arriviamo al grande giorno: 4 febbraio 2006 Renata Polverini, eletta segretario generale Ugl, prima donna nella storia del sindacato italiano a coprire una simile carica. «Ero preparata a tutto ma non sapevo che avrebbero fatto sentire "We are the champion" mentre io sul palco alzavo un mazzo di fiori. Mi sono commossa» dirà in un'intervista. Di pari passo cresce la popolarità mediatica di Renata che diventa ospite abituale a «Ballarò» di Giovanni Floris. E crescono i consensi a destra e a sinistra. Guglielmo Epifani della Cgil? «Con lui ho un rapporto ottimo, da quando eravamo entrambi vice delle nostre organizzazioni». Raffaele Bonanni della Cisl? «Meno: ha detto che l'Ugl non è rappresentativa». I suoi detrattori sostengono che lei ha gonfiato le cifre degli iscritti «per poter sedere ai tavoli delle trattative». Renata ribatte: «Non capisco perché i miei iscritti dovrebbero essere gonfiati e quelli di Cgil, Cisl e Uil, no». Corteggiata a sinistra e pure a destra. La lady di ferro del sindacato ha detto no pure a Fini («suo grande amico») e Alemanno che volevano candidarla come capolista nelle liste del Pdl, poi per offrirle un posto di governo. La Polverini, invece, quando necessario non ha esitato a mandare in piazza i suoi lavoratori chiunque fosse l'inquilino numero uno a Palazzo Chigi. Come una vera donna di destra, destra sociale.