Pd vietato alle donne Nessuna eletta nel Lazio
«Pronto, professoressa Margherita Hack?». «Sì, sono io». «Complimenti, è stata eletta». «Dove?». «Nel Lazio, con la Federazione di Sinistra». «Ah sì, grazie. Ma rinuncerò al posto». «Rinuncerà?». «Sì, mi hanno chiesto di candidarmi con insistenza e gli ho detto di sì ma io so fare soltanto un mestiere, il fisico. Sono contenta che i laziali mi abbiano votato, è un segno di stima, ma ho 88 anni e non sto nemmeno tanto bene. Gliel'avevo detto fin dall'inizio a quelli di Rifondazione». Peccato, una donna di meno in Consiglio regionale. Al posto della scienziata, infatti, entrerà alla Pisana l'ex capogruppo di Rifondazione Comunista, Ivano Peduzzi. Non c'è niente da fare. Le donne del Lazio sono costrette a rimanere ai fornelli. Almeno quelle di centrosinistra. Alla Pisana ce ne saranno soltanto due, entrambe dell'Italia dei Valori: Giulia Rodano, eletta a Roma e provincia, e Anna Maria Tedeschi, a Frosinone. Oltre a loro, ovviamente, Emma Bonino. Anche se pure lei pensa di mollare il posto. Anzi i posti, perché sono due: uno nel listino e uno nella lista Bonino-Pannella. «Mi occuperò comunque del Lazio: le nostre capacità di invenzione sono molte» ha glissato ieri la candidata alla Regione. Sembra che non lascerà la poltrona di vicepresidente del Senato. Se dovesse dimettersi da consigliere della Pisana, entrerebbero Fabio Nobile e Berardo Rocco. Insomma, più che un Consiglio regionale sarà una caserma. Di quelle di un tempo, solo per uomini. La figura peggiore la fa il Pd: ha il 26,2 per cento dei voti ma non ha portato alla Pisana nemmeno una donna. Non solo. I quindici che ce l'hanno fatta sono tutti ex assessori o consiglieri uscenti, tranne uno che però è sponsorizzato dal coordinatore della campagna elettorale. Professionisti della politica. «Gli uomini si difendono tra loro», sintetizza l'ex consigliera del Pd Anna Maria Massimi, che non va per il sottile: «Io ho dovuto fare due campagne elettorali, una contro il centrodestra, l'altra all'interno del partito. Dicevano di non mettere nomi, di votare solo Pd. Fino a quando il partito continuerà a ragionare in questo modo non si andrà lontano». «È proprio l'Italia a stare indietro», precisa Paola Brianti, anche lei ormai ex consigliera. Non risparmia critiche la presidente della Commissione Sicurezza Luisa Laurelli, che il partito ha escluso dalle elezioni: «Alle Europee ho preso 24 mila voti ma non mi hanno fatto candidare perché la logica del Pd non è mettere in lista i più forti per sconfiggere il centrodestra ma garantire il posto agli uscenti che pesano. Gli altri sono soltanto riempitivi». La Laurelli continua: «Tranne Daniela Valentini, le donne in lista sono telefoniste del partito o semplici militanti, persone che non portano voti. Una roba vergognosa. Le elezioni si perdono anche facendo liste sbagliate». Inevitabile che gli eletti, conclude la Laurelli, siano «espressione di corrrenti o comunque garantiti. Il Pd è diventato il partito dei potentati che escludono le donne. Le stesse dirigenti non hanno detto niente, dovrebbero dimettersi». Ci vede un disegno ben preciso anche la consigliera Antonietta Brancati (Liberali): «I partiti sono maschilisti, soprattutto il Pd. Nelle liste era già tutto previsto da tempo, non è un caso che le uniche che ce l'hanno fatta siano state candidate dall'Italia dei Valori». Una rivolta in piena regola. Altro che partito aperto.