Riparta il modello Lazio
Da quando esiste la Seconda Repubblica, per la prima volta Roma e il Lazio hanno l'opportunità di mettere a frutto una congiuzione politica particolare, un favorevole allineamento di pianeti: il governo nazionale il Campidoglio ed ora la Regione sono dello stesso colore e sentire politico. Certo, questa situazione si era sulla carta verificata anche dal 1995 al 2000, con Piero Badaloni, Francesco Rutelli e l'Ulivo. Ma poteri e responsabilità delle regioni non erano quelli stabiliti dall'attuale federalismo; mentre a palazzo Chigi si avvicendarono Romano Prodi, Massimo D'Alema e Giuliano Amato. Troppo presi dalle loro trame per occuparsi della Capitale. Di fatto l'unico "modello Roma" è stato praticato da Rutelli e, nel suo primo mandato, da Walter Veltroni. Nel biennio scarso 2006-2008, con un Prodi debolissimo al governo, e Piero Marrazzo alla Regione, Veltroni aveva già la testa alla politica nazionale. La formula oggi in auge "fare sistema" non si è mai potuta attuare tra governo, Campidoglio e Regione Lazio. Paradossalmente ha funzionato meglio tra il 2001 e il 2006, con il centrodestra a palazzo Chigi, grazie soprattutto a Gianni Letta che non ha fatto mancare alla Roma veltroniana i finanziamenti per l'Auditorium, la metropolitana, la Nuova Fiera. Fu Silvio Berlusconi ad inaugurare assieme a Veltroni e Marrazzo, il triplicamento del raccordo anulare. In quell'occasione il premier disse che a Roma sarebbe stato necessario un secondo anello stradale, esterno all'attuale, per convogliarvi i grandi flussi di traffico Nord-Sud (coinvolgendo l'aeroporto di Fiumicino), e trasformare in tangenziale urbana il raccordo esistente: i cui primi lavori risalgono al 1948, e l'entrata in esercizio al 1962. Cominciamo proprio dall'anello-bis per descrivere nel concreto come potrebbe svilupparsi un modello Lazio. L'Unione industriali di Roma lo ha inserito tra le proprie priorità già dal 2003, ed il governo Berlusconi di allora, lo incluse nel primo piano decennale delle Grandi Opere. Quaranta chilometri, 20 svincoli, ed un costo stimato allora in 5 miliardi, il progetto è stato poi affondato da ambientalisti e Verdi, presenti sia nella ex giunta regionale sia in quella capitolina di Veltroni. E naturalmente nel governo Prodi. A rilanciarlo sono ora il nuovo presidente degli Industriali romani, Aurelio Regina, e quello dell'Anas Pietro Ciucci. Costo previsto, 1,5 miliardi: 3,5 meno di sette anni fa. Come è possibile? A parte il project financing, è stato studiato il modello del Passante di Mestre: che con il sovrapprezzo applicato dalla Regione Veneto non solo è destinato a ripagarsi nel giro di dieci anni, ma – con l'utile di gestione – ha già iniziato a contribuire all'ammodernamento delle strade provinciali. Altra infrastruttura bersaglio di infinite polemiche da sinistra, la Civitavecchia-Livorno, indispensabile per completare il corridoio tirrenico alternativo all'A1. Anche questa serve come il pane, tanto più ora che il porto di Civitavecchia è diventato tra i primi scali delle crociere nonché cantiere di nautica di lusso. Ma anche per collegarsi alla Orte-Ravenna, e da qui alla Romea e alla Venezia Trieste per aprire al Lazio i mercati del Nord-Est: l'opera dispone già di 9,5 miliardi di finanziamento Anas. Ed aggiungiamo l'aeroporto che dovrà sostituire Ciampino per i voli low cost (dismissione prevista nel 2011), individuato anche da Renata Polverini a Viterbo per la posizione strategica tra Civitavecchia ed il Chiantishire. Anche in questo caso il finanziamento sarebbe ridotto dal coinvolgimento di privati: Ryanair, dopo uno sbarramento iniziale, è ora disponibile se si completeranno i collegamenti con Roma; ma soprattutto c'è l'interessamento di Lufthansa. La giunta Marrazzo aveva tergiversato tra Viterbo e Frosinone, mentre nel centrodestra c'è chi vorrebbe un aeroporto anche a Latina. Dove il mondo imprenditoriale chiede invece che si porti un raccordo autostradale da Roma per decongestionare l'A2 e la Pontina. Abbiamo volutamente parlato di infrastrutture, mettendo per una volta in secondo piano la Sanità e il piano-casa. Che ovviamente restano i due principali impegni di Renata Polverini: la Sanità con i 10 miliardi di debito, le cui modalità la governatrice intende rinegoziare con il governo, in modo da alleviare le addizionali Irap e Irpef, oggi ai livelli massimi; ed il piano casa, respinto dalla giunta Marrazzo, che la Polverini ha annunciato lunedì sera di voler attuare. Promesse elettorali, libri dei sogni? Dipende. Il piano casa del governo ha due applicazioni: l'aumento delle cubature e le "new town" per edilizia popolare. La prima non richiede capitali pubblici e può creare un indotto stimato dalla Confindustria Lazio in 3,5 miliardi. Quanto alle new town, interverrebbe la Cassa depositi e prestiti con il meccanismo delle concessioni ai costruttori interessati: e qui è considerato fondamentale il raccordo con il progetto di "social housing" deliberato a Roma dalla giunta di Gianni Alemanno per 27.500 nuovi alloggi. L'edilizia è materia concorrente tra comuni e regioni, e la giunta uscente ha impugnato la delibera del sindaco. Da un accordo tra governo, Polverini e Alemanno potrebbe uscire un vero piano regolatore regionale, che il Lazio finora non si è mai neppure sognato. Il modello che molti hanno in mente è quello lombardo, dove nel luglio 2009 Roberto Formigoni ha fatto approvare la legge intitolata "Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio e urbanistico della Lombardia": nome un po' magniloquente che in concreto mette d'accordo le competenze di regioni, comuni e piano casa. Regione, governo e Campidoglio hanno la stessa linea polTroppo distante la ricca Padania? Beh, forse sarà utile ricordare che il Pil procapite del Lazio è secondo solo a quello lombardo tra le grandi regioni (terzo in assoluto tenendo conto dell'Alto-Adige). E che soltanto a Roma questo Pil viene prodotto per il 70 per cento nella periferia, dove abita l'80 per cento della popolazione, ma dove finiscono appena il 30 per cento dei fondi per la riqualificazione del territorio. Proviamo ad allargare l'orizzonte all'intera regione, e magari vedremo che il "sistema" Polverini-Alemanno-Berlusconi può essere qualcosa di più di una promessa su un palco e di una medesima appartenenza politica.