(...) un calo.
Regole,del resto, che non reggono più, o che mancano di un controllore assennato. Prendete l'esempio del silenzio elettorale, del divieto di propaganda, a urne aperte: ieri Emma Bonino parlava liberamente, dai microfoni di Radio Radicale, naturalmente facendo propaganda a se stessa. E questo è il paradosso: io, che non sono candidato e che esprimo libere opinioni, devo stare attento, parlando alla radio, perché con la diffusa mania di denunciare c'è il rischio che qualche fazioso m'accusi d'avere detto quel che penso, a urne aperte, ma la Bonino, candidata, dice quello che le pare, perché Radio Radicale è un organo di partito e, quindi, è ovvio che sia di parte. Una regola demenziale, perché il cittadino che gira in macchina o ascolta dedicandosi alle faccende domestiche, non è che veda la testata, ascolta le voci. Tralascio d'immaginare cosa sarebbe successo se una tale condotta fosse stata di un esponente della destra: subito sarebbe scattato l'allarme per l'attentato alla libertà e al diritto, cui avrebbero dato voce i soliti lottizzati, raccomandati e conformisticamente combattenti giornalisti della Rai e dell'ordine. E questo, temo, è solo l'antipasto. Vedrete quel che succederà nelle prossime ore, all'inizio dello spoglio, e nelle settimane successive, quando si dovranno discutere i ricorsi ancora pendenti. Mettete assieme a ciò le notizie su lettere che esplodono e pallottole spedite, non credo per augurare una buona Pasqua, e capirete perché, entro un paio di settimane, queste elezioni saranno un brutto ricordo. A prescindere dal risultato, che conosceremo domani. Siccome così non si può continuare, e un'altra campagna simile rischia di deprimere ancor di più i cittadini, anche se dovesse fare fresco e si potesse dormire il doppio, è urgente intervenire sia sulle regole che sul modo in cui è concepita la battaglia politica. Sempre per restare all'esempio citato, credo che la Bonino abbia fatto bene, solo che analogo diritto si deve riconoscerlo a tutti: sia agli altri candidati che ai commentatori. Quella regola ottocentesca deve essere rivista. Per farlo, però, occorre non l'imposizione degli uni sugli altri, ma un minimo di civiltà politica, un minimo di buon costume democratico, che consentano alle persone ragionevoli di parlarsi e di concordare le riforme. Altrimenti ciascuno resta prigioniero dei propri estremisti, che sono anche i migliori alleati degli estremisti altrui. Gli uni servono agli altri, come Gianni a Pinotto, Bibì a Bibò, Stanlio a Olio, ma nessuno serve a noi, che ce ne siamo abbondantemente stufati. Domani pomeriggio il primo dato disponibile sarà quello relativo all'affluenza alle urne, e scommetto che tutti commenteranno la percentuale di astenuti. Occorrerà, invece, prestare attenzione a quella di quanti sono andati a votare, che sarà altissima, perché si tratta di cittadini chiamati a decidere per assemblee dei cui compiti quasi non si è neanche discusso. Eppure a votare ci sono andati. Perché lo sentono come un dovere democratico, perché hanno colto la necessità di schierarsi, perché hanno avuto l'impressione che fossero in ballo questioni importanti, perché sono di parte e vogliono farlo sentire. In tutti i casi meritano rispetto. Meritano eletti che sappiano rappresentarli, non comparse con idee meno chiare di chi le ha votate. Davide Giacalone www.davidegiacalone.it