Comunque vada sarà ricorso
Chiunque vincerà, il voto nel Lazio rischia di finire a carte bollate. La chiusura delle urne oggi non porrà, infatti, la parola fine sulla contesa elettorale che vede opposte Emma Bonino e Renata Polverini a contendersi il governo regionale. Sono tanti i giudizi ancora in attesa di definizione che pendono come una spada di Damocle sull'esito elettorale. All'origine di tutto c'è la mancata presentazione della lista provinciale di Roma del Pdl, definitivamente esclusa per ben due volte sia dal Tar che dal Consiglio di Stato, che, tuttavia, nel rigettare l'istanza di sospensione cautelare dell'esclusione, hanno rinviato a maggio la trattazione di merito dei ricorsi. A pesare come un macigno sul voto nel Lazio è, innanzitutto, la conversione in legge del decreto salva liste, varato in fretta e furia da Palazzo Chigi in seguito all'esclusione della lista regionale di Formigoni in Lombardia e di quella provinciale del Pdl a Roma. La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso presentato dalla Giunta della Regione Lazio contro il decreto per conflitto di attribuzione. Secondo il vicepresidente Montino, infatti, è la Regione ad avere competenza in materia elettorale, essendo dotata di un'apposita legge. La Consulta ha tuttavia respinto la richiesta di sospensione del decreto salva liste, peraltro non applicato dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato nel decidere sui ricorsi presentati dal Pdl. I giudici costituzionali in ogni caso devono ancora entrare nel merito del giudizio. Qualora il decreto salva liste dovesse essere bocciato o non convertito, il primo a chiedere l'invalidazione del voto sarebbe Vittorio Sgarbi, che, proprio per l'applicazione del decreto che riduce da 15 a 6 i giorni di campagna elettorale garantiti a ciascuna lista, si è visto respingere dalla Regione la richiesta di rinvio del voto. Ma a chiedere di rimandare il Lazio alle urne potrebbero anche essere i consiglieri regionali della lista Pdl esclusa. Molti di loro, infatti, non hanno mai fatto mistero dell'intenzione di ricorrere di nuovo al Tar contro la legge nazionale che fissa la data delle elezioni: dopo le dimissioni di Marrazzo, infatti, secondo la legge elettorale del 2005 della Regione si sarebbe dovuto votare quindici giorni prima. Ma ad adire i giudici per il medesimo motivo potrebbe essere anche qualsiasi altro soggetto interessato o danneggiato dal provvedimento. Esponente politico e no che sia. C'è poi il discorso che riguarda i ricorsi presentati dal Pdl al Tribunale amministrativo del Lazio e al Consiglio di Stato per ottenere l'ammissione della lista non presentata il 27 febbraio. I giudici amministrativi, come accennato, hanno respinto la richiesta di sospensione in via cautelare dell'esclusione, rinviando la trattazione di merito al prossimo 6 maggio. Stesso discorso vale per il Consiglio di Stato che dovrà decidere sull'appello. Ma in ballo c'è anche il giudizio di merito sul ricorso di Vittorio Sgarbi. Insomma, un bel guazzabuglio giuridico, che comporterà un inevitabile strascico giudiziario che andrà avanti per mesi e a urne ormai chiuse da un bel pezzo. Sarà da vedere, chiunque dovesse vincere le elezioni regionali, quali saranno le ricadute politiche sul futuro governo del Lazio, sia in caso di vittoria del centrodestra sia in caso di vittoria del centrosinistra. Renata Polverini o Emma Bonino si troveranno infatti comunque nella condizione di dover amministrare con Giunta, Consiglio regionale e partiti inevitabilmente più attenti a ciò che accadrà nelle aule di tribunale che in quella della Pisana.