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Bossi assopigliatutto

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La gioia di Umberto Bossi

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L'Umberto ce l'ha fatta. In cuor suo lo sapeva già da giorni che questa tornata elettorale regionale sarebbe stata la consacrazione definitiva della Lega a vero e proprio partito del Nord, ma un risultato simile non se lo aspettava di certo. «Dai ragazzi, andiamo a vincere» continuava a gridare ad ogni comizio in sostegno di Luca Zaia in Veneto e di Roberto Cota in Piemonte. E alla fine proprio quei ragazzi, travolgendolo con una valanga di preferenze, gli hanno consegnato il Nord. Un Nord che dal Monviso al delta del Po' e dalle Dolomiti fino ai territori rossi di Emilia e Toscana, si è tinto di Verde. E così il Senatùr realizza un sogno chiuso nel cassetto da più di vent'anni. Vent'anni durante i quali Bossi e tutti i suoi fedelissimi hanno seminato, hanno combattuto, hanno inveito e hanno sfiduciato ma, al tempo stesso, sono riusciti a dimostrare che la Lega Nord non è così rozza, incivile e razzista come volevano descriverla. Sono riusciti a dare prova di saper governare Comuni, Provincie e ministeri conquistandosi, in questo modo, gazebo dopo gazebo, comizio dopo comizio, la fiducia di tanti elettori. E ieri Bossi ha raccolto i frutti. Succosi e abbondanti. In soli cinque anni ha visto il suo partito lievitare. In Veneto si sono toccati livelli di successo altissimi. Un'excalation partita dal 14,7% alle Regionali del 2005 che è arrivata, dopo il 28,4% delle Europee 2009, a superare, quest'anno, il 35%. Un successo al quale ha contribuito molto anche la scelta del Carroccio di candidare come Governador de Venesia, il ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, trevigiano di nascita, già vice dell'ex presidente Giancarlo Galan, che ha concentrato su di se oltre il 60% delle preferenze dei veneti. Altro grande successo per Bossi è quello ottenuto dall'ormai ex capogruppo della Lega alla Camera, Roberto Cota. A lui è toccato il difficilissimo compito di mandare a casa la governatrice uscente e ricandidata, Mercedes Bresso. Una vittoria conquistata sul filo di lana ma che ha assegnato alla Lega, anche in questo caso, un incremento di preferenze significativo, passato dall'8,5% del 2005 al 17,5% di ieri. Ma la vera partita, il Carroccio l'ha giocata in Lombardia. Lì il governatore della coalizione di centrodestra era Roberto Formigoni, ricandidato per la quarta volta consecutiva alla presidenza della Regione. La vera sfida, lanciata da Bossi a Berlusconi, era quella di vedere la Lega superare il Pdl per quanto riguarda le preferenze. Una cosa che non è riuscita dato che il partito del Sole del Nord si è attestato cinque punti percentuali sotto quello del premier, ma che comunque, con poco più del 26% di consensi, è riuscito quasi a doppiare il dato del 2005 fermo al 15.82%. Sorpasso che invece è avvenuto in Veneto. Ai blocchi di partenza la Lega partiva con uno svantaggio, attestatosi alle Europee del 2009, di un punto percentuale che, alla fine ha visto il Carroccio, non solo recuperare quell'un per cento, ma anche aggiungerne più di 10 consegnando così al movimento il primato tra i partiti in corsa. Ma Bossi, piuttosto che guardare al sorpasso della Lega sul Pdl in Veneto, esorta a guardare a sinistra e a domandarsi «perché sta perdendo i voti» mentre «Berlusconi i suoi se li è presi, non solo al Nord ma anche al Sud». Parole che danno il senso di una competizione leale tra Lega e Pdl, e allo stesso tempo lasciano intendere che Bossi invece di provocare problemi e tensioni all'interno della coalizione di governo suggerisca di rafforzarne la vocazione riformatrice. «La Lega era la chiave giusta per rinnovare il Paese, i lombardi sono un popolo "sveglio", sono stati i primi a capirlo. I nostri governatori - aggiunge il leader leghista - metteranno le ali alle rispettive regioni e quindi anche al Paese. Meno male che ha vinto la Lega». Piemonte e Veneto, annuncia, saranno le prime regioni a «sperimentare il federalismo fiscale». È proprio «su federalismo e riforme - sottolinea il leader del Carroccio - che si è vinta la battaglia elettorale». Niente scontri quindi con il premier, anzi, da fedelissimo come ormai è ritenuto, riconosce al Pdl di essere «l'unico partito che ha resistito allo tsunami della Lega». L'Umberto così ce l'ha fatta. Ha sfidato lealmente un amico e ne ha riconosciuto i meriti. È riuscito a mandare a picco la sinistra nel Nord e a rubarle consensi nelle zone rosse di Toscana ed Emilia e ora si prepara al prossimo appuntamento ovvero conquistare la poltrona di sindaco di Milano: «Per ora metto il mio nome poi si deciderà».

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