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Italia al voto, affluenza giù anche nelle regioni rosse

Elezioni Regionali 2010. Renata Polverini, SIlvio Berlusconi, Pierluigi Bersani e Emma Bonino

Caos a Roma, schede nulle: ogni zona ha le sue regole

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Forse è presto per parlare di crollo. Ma sicuramente queste elezioni Regionali rischiano di essere ricordate soprattutto per il drastico calo dell'affluenza alle urne. Circa nove punti su base nazionale. A sentire i partiti comunque sono vari i fattori che hanno portato a una riduzione dei votanti. Intanto la bella giornata di sole in tutta Italia che ha portato molti a preferire le località di villeggiatura nella prima vera giornata di primavera. In secundis non va sottovalutata anche l'introduzione dell'ora legale. Lo spostamento delle lancette di un'ora in avanti ha costretto tutti a riorganizzare la giornata. Tuttavia, i numeri sono numeri. E parlano chiaro. Alle 22 aveva votato il 47,08% degli aventi diritto, cinque anni fa - nella precedente tornata elettorale delle Regionali - furono al 55,96: 8,88 punti in meno. Un dato in linea con la prima rilevazione, quella fatta alle 12. A quell'ora l'affluenza era del 10,19% contro il 13,05% del 2005. Se la diminuzione dell'affluenza a livello nazionale era di nove punti, nel Lazio (la regione dove si è votato di meno) era più di dodici: 43,35% contro il 55,80 della volta precedente. Calo record a Roma (la quarta città in Italia dove si è votato di meno dopo Avellino, Benevento e Sondrio): 42,53% contro il 55,48%, -12,9%. In città meno che in provincia: 41,30, -13,12. Si è votato di più al II Municipio (Flaminio-Parioli, 45,23) e al XVII (Prati, 44,61). Di meno al XX (Vittoria-Tor di Quinto, 38,08), XIX (Aurelio-Trionfale, 38,84) e I (Centro, 38,96). Nelle altre zone, la diminuzione minore si registrava a Frosinone: -9,85% (45,39 contro 55,24). Poi Viterbo: -11,22 (48,82, 60,04 nel 2005). Quindi Latina con un -12,07 (43,89, 55,96 nel 2005). Infine Rieti dove l'affluenza è scesa di oltre dodici punti: 44,81, era stata del 56,97. Che cosa vogliono dire questi numeri? Solitamente il crollo dei votanti colpisce soprattutto a destra. Stavolta è difficile sostenere questa tesi visto che anche nelle zone rosse in tanti hanno preferito il mare. In Emilia Romagna per esempio la riduzione è stata del 9,53%. Il dato di Bologna non era troppo dissimile a quello di Roma: nel capoluogo felsineo per esempio aveva votato il 53,78% contro il 64,01%, dunque oltre dieci punti in meno. Stesso discorso si potrebbe fare per l'Umbria, dove i votanti erano diminuiti del 8,88%. A reggere la partecipazione degli aventi diritto erano invece le regioni tradizionalmente considerate elettoralmente di centrodestra. In Lombardia il calo era del 9,62%. In Veneto il dato si attestava su un -7,07%. In Campania al -6,5%. A sentire i sondaggisti tutti si mostrano concordi e piuttosto prudenti. Nicola Piepoli era sicuro: «Si chiuderà con 10 punti in meno rispetto a cinque anni fa. Ormai non si recupera. Questo - aggiungeva - modifica molto nell'ambito dei risultati: in alcuni regioni accentua la vittoria della sinistra, in alcune quella della destra, anche se in media la prima sarà più avvantaggiata dall'astensione». Renato Mannheimer, patron di Ispo, nel primo pomeriggio si era mostrato prudente nel proiettare quel 12% sul dato definitivo, ma a fine giornata rompeva gli indugi: «Il trend astensionista è confermato in misura rilevante». Quanto alle cause di questa fuga dalle urne, Mannheimer ridimensionava sia l'entrata dell'ora legale che la bella giornata in molte regioni: «Tutte queste cose hanno influito - osserva - ma non spiegano l'entità del fenomeno». Il motivo è da ricercare altrove: «La disaffezione dalla politica». «Queste cifre - osservava Nando Pagnoncelli, presidente dell'Ipsos - sono la conferma di una tendenza all'astensione, che pur con strumenti non precisi, avevano registrato nelle scorse settimane». Pagnoncelli spiegava perché è difficile prevedere il numero di quanti non si recano a votare: «Molti che disertano le urne non lo dichiarano; ma avevamo comunque registrato una disaffezione». Come può essere spiegato questo astensionismo: «Il tema di fondo - spiegava Pagnoncelli - è che nel 2010 c'è un peggioramento del clima sociale».

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