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In quindicimila per difendere il voto

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Bonino: "Non validi i nomi fuori lista"

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La battaglia è alle porte e gli eserciti già si stanno preparando a scendere in campo per difendere con i denti ogni singolo voto che uscirà dall'urna elettorale. Un reggimento di quindicimila rappresentanti di lista che in modo assolutamente volontario invaderanno, si spera pacificamente, i seggi di Roma e del Lazio per fare in modo che lo spoglio delle schede avvenga nel rispetto delle norme e dei regolamenti previsti dalla legge. Quindicimila persone che, armati di codici e direttive, decorati con la spilla del partito sul bavero della giacca e orgogliosi di essere i difensori delle intenzioni di voto dei propri elettori, condurranno una battaglia contro tutti coloro che cercheranno di annullare voti alla propria parte appellandosi a interpretazioni delle norme. Ma, in questo caso, le direttive del Ministero dell'Interno non lasciano adito a dubbi e riportano: «La validità del voto contenuto nella scheda dev'essere ammessa ogni qualvolta sia possibile desumerne la volontà effettiva dell'elettore». E così, centrodestra e centrosinistra, dopo aver affrontato un'intera campagna elettorale a farsi guerra a suon di carte bollate all'interno dei tribunali, si preparano all'ultimo round. Una partita che il Pdl, dopo aver subito l'esclusione della propria lista a Roma e provincia, ha intenzione di giocarsi fino in fondo perché, come spiega l'europarlamentare e coordinatore del Pdl Lazio Alfredo Pallone, «questa volta non sarà la burocrazia ad impedirci di vincere le elezioni». E quindi il partito ha assoldato un reggimento di oltre 5.000 "gladiatori della libertà", dei quali 3.700 per la sola Capitale e provincia, che, come spiega il segretario regionale del Pdl, Vincenzo Piso, dovranno «far prevalere in tutti i modi la volontà politica dell'elettore». Un esempio? È lo stesso Piso a fornirlo: «Se accade che accanto alla preferenza per Polverini viene scritto il nome di un candidato del Pdl, rimasto fuori per le note vicende, cercheremo di non farlo annullare». Questo però è solo uno dei tanti casi che un rappresentante di lista potrebbe trovarsi a dover fronteggiare, e per questo, il senatore Stefano De Lillo e l'onorevole Ignazio Abrignani, hanno tenuto una lezione per spiegare ai "gladiatori della libertà" come salvare voti che, magari, il presidente del seggio ritenga nulli: «La prima regola nella valutazione delle schede - spiega De Lillo - è quella di difendere sempre l'espressione del voto del cittadino che è prevalente su tutto come dice la Costituzione. Quindi, se accanto al segno sul simbolo della lista prescelta si indica il nome di una persona estranea alla competizione elettorale ciò non porta all'annullamento della scheda perché è da considerarsi un errore e non un segno di riconoscimento. In questo senso si esprime anche una sentenza del Consiglio di Stato la 109 del 2006». Una sentenza ritenuta valida dalla stessa Prefettura che, nonostante alcune perplessità, ha voluto ricordare che, per alcuni casi, si «possa ritenere che si tratti esclusivamente di un errore dell'elettore dovuto ad ignoranza». Beata ignoranza allora verrebbe quasi da dire, ma se nemmeno questo stratagemma fosse possibile, ecco che l'indicazione del partito ai rappresentanti di lista diventa quella di appellarsi al diritto sancito dall'articolo 54 del Dpr 570/60 e far verbalizzare ogni contestazione in modo da permettere il riesame delle schede contestate dall'ufficio centrale circoscrizionale a cui spetterà il compito di assegnare definitivamente il voto. Ma se il centrodestra attacca, il centrosinistra di sicuro non si fa intimorire e schiera in campo 10.000 rappresentanti di lista dei quali solo 6.000 a Roma e provincia. Ed è proprio la candidata Emma Bonino a rispondere, con un pizzico di sarcasmo, all'idea dei "gladiatori della libertà": «Questa è un'altra prova del nervosismo del centrodestra. Credo che la legge elettorale sia uguale per tutti e debba essere rispettata. Ci saranno degli scrutatori e spero che non si inventino nottetempo un decreto interpretativo di non si sa bene cosa».

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