È arrivata l'ora dei gladiatori
È stata una campagna elettorale durissima. Ora la parola passa al popolo sovrano. Si va ai seggi in un clima difficile: bombe, lettere minatorie, scambi di accuse tra maggioranza e opposizione. Il centrodestra è stato accerchiato da una doppia armata: giudiziaria e mediatica. Ma il suo popolo è una forza quieta e consapevole: la maggioranza silenziosa che finora ha impedito alla minoranza rumorosa di imporre il suo disegno totalitario. Ne abbiamo visto le prove tecniche nella trasmissione tv di Santoro: il trionfo del turpiloquio e del giustizialismo. Ho atteso le elezioni sperando in un passo avanti del Pd verso la socialdemocrazia. Attesa vana. Neanche Pier Luigi Bersani è riuscito a liberarsi dai suoi vampiri: Antonio Di Pietro e i radicali liberi continueranno a succhiare sangue ai democratici. Silvio Berlusconi è sceso in campo e non poteva esserci altra sceneggiatura. Nel Lazio sarà un voto da thriller. Quindicimila rappresentanti di lista ai seggi. Un esercito. Diecimila del centrosinistra, cinquemila del centrodestra. La metà. Non a caso sono stati chiamati «gladiatori». Fin dall'inizio della campagna scrissi che il voto nel Lazio sarebbe stato la trincea del Cavaliere. Non mi sbagliavo. L'esclusione della lista del Pdl dalla competizione ha solo aggiunto un altro elemento sul teatro della battaglia. Era chiaro il disegno dell'opposizione: puntare su Roma e la seconda regione più ricca d'Italia per avviare il progetto di "reconquista" con le insegne dell'Ulivo che fu. Ad armi pari questo progetto non aveva alcuna possibilità di riuscita. Senza la lista del più grande partito italiano, le speranze si sono ingigantite. L'aiutino della magistratura amministrativa sembrava aver messo una pietra tombale sulla partita. Poi è sceso in campo il Cavaliere e la baldanza del centrosinistra s'è affievolita. Bersani nel Lazio si gioca tutto, o quasi. Mentre il governo ha la prospettiva di chiudere la legislatura, dedicarsi per i prossimi tre anni a costruire la Grande Riforma, l'opposizione non ha tempo. Il segretario del Pd è subito chiamato a dare risultati. Non importa in che maniera. Anche una corsa truccata serve ad allungare la vita a un partito accerchiato dai massimalisti di ogni risma. Ai seggi assisteremo a una battaglia campale. L'assenza della lista del Pdl si supera votando la lista della Polverini, ma gli errori sono in agguato e l'interpretazione del principio della volontà dell'elettore spesso ai seggi diventa un elastico. Vince il rappresentante di lista più preparato, energico, attento alle regole e scafato. Ecco perché il voto di oggi e domani sarà una prova sul campo della macchina del Pdl. I suoi rappresentanti di lista dovranno mostrare la stessa determinazione e pazienza che metterà in campo l'oliata struttura del Pd e soprattutto dei radicali. Occhio a non ripetere gli stessi strafalcioni, ingenuità e colossali errori dimostrati durante la presentazione delle liste in tribunale. In una competizione che si annuncia all'ultimo voto, ogni scheda diventa preziosa. La democrazia non è fatta solo di nobili principi da enunciare nei comizi, ma di atti concreti, semplici e tremendamente decisivi: si controllano i documenti del cittadino che si presenta al seggio, si riscontra l'elenco, si consegnano la scheda e la matita copiativa, poi si piega la scheda bene prima di infilarla nell'urna. A fine serata si sigillano le urne. Chiuse le operazioni di voto, comincia la parte più dura: lo spoglio, il controllo della segnatura della scheda, la verifica del voto, della preferenza e la verbalizzazione. Tutto deve avvenire nel pieno rispetto della volontà manifestata dall'elettore mentre è chiuso in piena solitudine nella cabina elettorale. Durante questa operazione può succedere di tutto. Ci sono presidenti di seggio che accumulano le schede, altri che le separano con cura, altri che non controllano un bel niente. Il rappresentante di lista dovrebbe vigilare, mantenere lucidità fino alla fine, equilibrio, rigore e fermezza. Nella Prima Repubblica queste operazioni erano affidate a dei mastini con un bagaglio d'esperienza notevole. Oggi non ci metterei la mano sul fuoco. E proprio per questo i rischi di un voto taroccato sono più grandi. Basta poco. Basta distrarsi o, peggio, non conoscere le regole elettorali. Non vogliamo vedere il caos ai seggi e avremmo preferito una competizione leale, con tutte le liste in campo. Ci ritroviamo a raccontare una corsa strana per un Paese democratico o presunto tale. La Polverini combatte senza la cavalleria corazzata, la Bonino ha tutta l'artiglieria a disposizione. Ma il finale della storia non è ancora scritto. Saranno i cittadini a decidere e le operazioni di voto dovranno svolgersi nel pieno rispetto della legge e di un corpo elettorale che ha già subito uno scippo. Per impedirne un altro, nei seggi i rappresentanti di lista dovranno lavorare bene e con passione civile. É giunta l'ora dei gladiatori.