Contro le accuse i testi del Vaticano
I fatti contro le accuse. L'edizione dell'Osservatore Romano andata in edicola ieri pomeriggio pubblica, di seguito uno dopo l'altro il Motu Proprio di Giovanni Paolo II «Sacramentorum sanctitatis tutela», in cui si afferma che il trattamento dei delitti più gravi sarebbe stato affidato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, e l'istruzione «De delictis gravioribus» (firmata dall'allora prefetto Ratzinger) di appena un mese dopo, che dava attuazione al motu proprio e specificava quali fossero i reati più gravi che andavano sotto la diretta competenza della Congregazione per la Dottrina per la Fede. E, tra questi reati, sono comprese «la sollecitazione, nell'atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso», e «il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età». È una risposta diretta alle accuse che si stanno abbattendo contro la Chiesa, e in particolare contro Papa Benedetto XVI, di aver occultato i casi di pedofilia tra i sacerdoti. Quando occultamento c'è stato, è avvenuto spesso a insaputa di Roma. E lo dimostra il caso di Lawrence Murphy, arrivato alla Congregazione della Dottrina della Fede solo nel 1996. Vale a dire, oltre vent'anni dopo gli abusi, avvenuti tra il 1950 e il 1977. Tra l'altro, niente ha impedito ad alcune vittime di fare denunce all'autorità civile negli anni Settanta. Giravano traduzioni non ufficiali dal latino del Motu Proprio e dell'Istruzione successiva. Ma mancava una traduzione che avesse i crismi dell'ufficialità, e che, dunque, potesse essere letta senza timore di travisamenti. È da notare in particolare l'istruzione di Ratzinger, che stabilisce le procedure da seguire: prima l'ordinario o il gerarca svolgono un'indagine preliminare; una volta accertato il fatto, lo segnalano alla Dottrina della Fede, che, a meno di casi particolari, rimanda il tutto al tribunale diocesano per ulteriori accertamenti. L'unico appello al giudizio del tribunale diocesano si può fare al supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Un passaggio che verrà modificato riguarda la prescrizione del delitto dopo dieci anni, a partire - nei casi di pedofilia - dal compimento dei 18 anni da parte della vittima: la prescrizione non ci sarà più, mentre resterà in vigore il segreto pontificio, che equivale al segreto istruttorio: serve a garantire un equo processo. Sono procedure nelle quali molti hanno letto piuttosto una volontà di insabbiare da parte della Santa Sede. È vero il contrario: si era venuti a conoscenza che gli stessi vescovi, in molti casi, venuti a conoscenza dei casi, si limitavano a trasferire i sacerdoti; di molti casi non arrivava nemmeno segnalazione, e spesso le diocesi non erano provviste nemmeno di un esperto di diritto canonico adatto a seguire i casi. Portare ogni cosa all'attenzione della Dottrina della Fede, più che a insabbiare, è servito a esercitare un più stretto controllo, e verificare dove e quando è il caso di intervenire. Raccontano di un Ratzinger puntiglioso nel leggere ogni rapporto che gli giungeva nella scrivania, e deciso a fare di tutto per contrastare il fenomeno, anche con azioni immediate. Uno zelo che molti, in Curia, non hanno visto di buon occhio.