Luci ed ombre su via Gradoli Pusher morto, indagato carabiniere
Svolta nelle indagini sul presunto omicidio volontario del pusher dei trans Gianguarino Cafasso. Ieri la Procura di Roma ha indagato uno dei quattro carabinieri coinvolti nel presunto videoricatto all'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. I magistrati fondano l'ipotesi di reato sulle dichiarazioni rese dalla ex compagna di cafasso, il viado Jennifer: agli inquirenti mise a verbale che la maledetta sera del 12 settembre fu proprio uno dei quattro militari (Antonio Tamburrino, Simone Tagliente, Nicola Testini e Luciano Simeone) a fornire la dose mortale di eroina fatta passare per cocaina, stupefacente di cui Cafasso faceva uso. Lo scenario che si apre quindi conferma, al momento, l'ipotesi iniziale: qualcuno ha voluto eliminare il pusher salernitano co-protagonista dello scandalo del viedoricatto a Marrazzo. In quella vicenda il suo ruolo non è mai stato chiarito ma sicuramente è stato decisivo. Stando alla ricostruzione fatta fino ad ora dai magistrati romani, il 3 luglio sarebbe stato Cafasso ad avvisare i carabinieri della presenza dell'ex governatore in casa del trans Natalie, in via Gradoli 96. I militari sono andati, hanno trovato il trans e l'ex governatore in mutande, e qui comincia il condizionale: avrebbero girato il video che poi volevano piazzare sul mercato del gossip. Questo passaggio dell'inchiesta, decisivo, perché oggetto del presunto ricatto, è stato spiegato in molti modi e non sempre uguali. Quindi resta un mistero da chiarire: chi girò il video in casa di Natalie? In questo castello accusatorio la figura di Cafasso, quindi, appare ingombrante, scomoda. Infatti, tra le attività del pusher risultate «poco tollerate» c'è anche quella di aver fornito la droga alla comunità transessuale brasiliana sulla Cassia. Un affare che rendeva e che forse qualcuno non voleva che fosse più un'attività esclusiva del pusher campano. «Io e Rino (Cafasso, ndr) eravamo fidanzati - ha riferito Jannifer ai magistrati - e quando ero con lui non potevo prostituirmi. Non avevo clienti, insomma, perché lui era molto geloso. Non so se Rino sia stato il confidente dei carabinieri, ma non era il pusher di Natalie». La famiglia di Cafasso vuole che sia fatta chiarezza. «L'ultima volta che Gianguarino sentì i suoi genitori - ha spiegato il legale della famiglia, l'avvocato Monica Gregorio - è stato ad agosto. Aveva detto che stava bene e non voleva assolutamente scappare per qualche motivo da Roma». Più sicura la madre: «Mio figlio è stato ricattato, qualcuno si è servito di lui, è stato messo in mezzo. Rino penso sia finito in una vicenda più grande di lui».