Opposizione senza diritto di veto
Dopouna lunga e dettagliata analisi dei rapporti fra maggioranza e opposizione, e «all'interno dei due campi», egli scriveva testualmente così: «Se il centrodestra crede davvero nelle riforme che annuncia probabilmente dovrà farsele da solo. Ha i numeri in Parlamento e tre anni di legislatura dinnanzi a sé». Da quel giorno ad oggi la situazione, con tutti i veleni che si sono rovesciati nella campagna elettorale per le Regionali e nei dintorni, non è di certo migliorata, per cui il professor Campi potrebbe fare a meno anche di quel «probabilmente», a costo di fare sussultare il presidente della Camera. Il quale per il suo ruolo istituzionale, al pari del presidente della Repubblica, vorrebbe ancora riforme «condivise», cioè a maggioranza più larga di quella assoluta, che è la metà più uno dei membri di ciascuna Camera. È semplicemente falso lo scandalo al quale l'opposizione sta gridando di fronte al piglio con cui il presidente del Consiglio ha ribadito l'urgenza delle riforme istituzionali, comprensive della giustizia, e la disponibilità a farle anche senza l'apporto dell'opposizione, puntando sul consenso degli elettori nel referendum confermativo che ne potrebbe quindi seguire per effetto dell'articolo 138 della Costituzione. Dalle colonne della solita Repubblica si riferiva ieri dell'ipotesi di fare svolgere contemporaneamente, alla scadenza della legislatura, le elezioni politiche e il referendum confermativo sulle riforme come di un progetto golpista, o quasi, anche se la coincidenza fra i due appuntamenti è impedita per legge solo in caso di referendum abrogativo di leggi ordinarie. Da quelle parti si vorrebbe evidentemente che il centrodestra ripetesse l'errore del 2006, quando il referendum sulla riforma istituzionale di stampo federale, che per iniziativa del precedente governo di Silvio Berlusconi contemplava la riduzione dei parlamentari, rafforzava i poteri del presidente del Consiglio e distingueva le funzioni della Camera e del Senato, fu programmato dopo le elezioni politiche, per cui se ne facilitò l'esito negativo. Sfiancati dalla campagna elettorale per il rinnovo delle Camere e dalle polemiche sui suoi controversi risultati a favore dell'Unione di Romano Prodi, pochi si accorsero della grossa posta rimasta in gioco. E le vestali della vecchia Costituzione, guidate da Oscar Luigi Scalfaro, la spuntarono allegramente. Grazie anche a quell'errore, che Berlusconi ebbe il torto di subire da alcuni alleati, le opposizioni cercano oggi di intimidire nuovamente la maggioranza e di equiparare la loro pur legittima aspirazione a concorrere alle modifiche alla Costituzione con un diritto di veto che in realtà non esiste. Francesco Damato