Ecco il piccolo Silvio Berlusconi
Povero Fini. Uno spende gran parte del proprio tempo a spiegare che gli immigrati non sono dei nemici da combattere. Si fa in quattro perché abbiano la cittadinanza. Accetta addirittura di essere bollato come un pericoloso estremista di sinistra. Una fatica immane. Sempre lì a spiegarsi, a rispondere agli attacchi. Il tutto senza mai chiedere niente a nessuno perché, si sa, chi si batte per un ideale lo fa gratuitamente, con il cuore. Certo, nulla vieta un gesto di riconoscenza. Invece l'immigrato che ti fa, quando meno te lo aspetti ti pugnala alle spalle. E così accade che Anthony Bohaene, un operaio metalmeccanico di 36 anni, ghanese di nascita e in Italia dal 2002, riesca finalmente a riabbracciare il suo figlio più piccolo di appena cinque anni. Succede a Modena, terra di solide tradizioni sinistre, dove solidarietà e integrazione sono quasi delle parole d'ordine. Lì, uno come Fini, dovrebbe essere una specie di eroe nazionale. E invece, quando è il momento di registrarlo all'anagrafe, Bohaene non ha dubbi: «Mio figlio si chiamerà Silvio Berlusconi». Ma come? Il ghanese lo spiega così: «Gli ho voluto dare il nome di un grande capo politico, di cui mi piace tutto e al quale devo il mio permesso di soggiorno». Core 'ngrato. Nicola Imberti