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Fini cambia rotta: "Basta attacchi al Pdl"

Gianfranco Fini

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Che succede nel futuro di Farefuturo? E nel presente di Fini? Non un semplice battibecco  tra due primedonne e non uno scontro tra due visioni diverse. Non una semplice battuta rettificata. Quello che si muove dentro il mondo di Fini è qualcosa di più profondo, un cambio di linea politica. Gianfranco è rimasto molto colpito dai fischi che s'è beccato il povero Andrea Ronchi nel bel mezzo del corteo di sabato: gli hanno dato del lacchè di Fini, come fosse un insulto dentro il suo partito. E ha preso molto in considerazione gli editoriali di Giuliano Ferrara che di fatto ha proposto a Berlusconi di fare un patto di coalizione con il presidente della Camera e, sotto sotto, a Fini di provare a cambiare il Pdl dal suo interno. E il primo segno di questa svolta s'è visto concretamente ieri. Anzitutto Fini ha spiegato: «Il presidente del Consiglio rilancia l'ipotesi del presidenzialismo: mi fa piacere, ma in questa legislatura sarà complesso affrontare la questione. Se la maggioranza deciderà di seguire la via del presidenzialismo, non è detto che l'opposizione le vada dietro. Mi auguro che non ci si fermi ai titoli dei giornali». Lui, da parte sua, vuole che si faccia sul serio e il presidente della Camera può svolgere un ruolo di garante anche con l'opposizione. Bondi non la prende così e lo stesso Fini spiega meglio in una nota: «È assurdo capovolgere il senso delle parole: l'elezione diretta e popolare del Capo dell'esecutivo (il cosiddetto presidenzialismo) rappresenta una riforma importante e positiva». Non è tanto e non è neppure poco. Un altro passaggio significativo si era registrato in mattinata. Era accaduto che Alessandro Campi, direttore scientifico di Farefuturo, rilasciava un'intervista a Repubblica in cui denunciava: in piazza San Giovanni «ho visto sfilare molti anziani e pochi giovani. Il Pdl deve mettere in campo nuove suggestioni, altrimenti rischia di andare incontro a un lento declino». Ora, una certezza è inconfutabile: Campi in piazza sabato nessuno l'ha visto. Poi c'è la politologia. Esprimere un giudizio così sferzante a cinque giorni dal voto è come darsi una martellata sulle ginocchia. Esprimere un giudizio così negativo sulla manifestazione a sostegno di Renata Polverini, ovvero della candidata che tanto ha voluto Fini, è come tirarsi una secchiata di melma addosso. Sputare veleno sulla protesta che ha visto sfilare tutti i finiani è tuffarsi di testa in un lago ghiacciato della Norvegia il 7 gennaio. Parlar male del corteo che ha incontrato comunque la «soddisfazione» di Fini (che di Farefuturo è pur sempre il presidente), è come buttarsi da quattromila metri senza paracadute. Ma l'intellettuale è intellettuale e non sta a guardare a queste sottiglienze, non si ferma davanti alle opportunità della storia, casomai le determina. Adolfo Urso, che nella vita fa viceministro al Commercio estero del governo Berlusconi, non ci stava. Lui, per giunta, è segretario generale di Farefuturo. E qui si apre un altro inquietante interrogativo: vale di più il direttore scientifico o il segretario generale? Conta più il primo o il secondo? Chi incarna meglio lo spirito farefuturista? Forse non lo sapremo mai. Quel che è noto è che Urso al corteo c'era eccome, in una lettera al Tempo pubblicata ieri ha voluto anche rimarcare che lui lo ha fatto tutto dall'inizio alla fine. E, visto che ha scoperto un'insolita passione per Facebook, è arrivato a scriverci parole inequivocabili: «Mai ergersi a esseri superiori, censori, professori con la matita rossa sempre pronti a bacchettare. In piazza c'erano tantissimi giovani, prevalentemente giovani come tutti noi abbiamo notato. Certamente un grande successo, anche se non eravamo un milione, peraltro ottenuto in pochi giorni di mobilitazione». Ora il cambio di rotta. Fini si è anche reso conto di essere stato finanche troppo gelido nei confronti di Renata Polverini e potrebbe apparire al suo fianco a una manifestazione. Magari per caso. Magari giovedì.

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