Alemanno in campo punta sulla sicurezza
È la sicurezza la carta che il centrodestra capitolino ha deciso di giocare a sei giorni dal voto, forte dei risultati del sindaco Alemanno. È ancora il sindaco Alemanno a prendere le redini di una campagna elettorale che, dopo la manifestazione di sabato, ha ricominciato a sorridere al centrodestra capitolino. E lo fa con il suo cavallo di battaglia: la sicurezza. Solo qualche minuto di riunione in privato per fare il punto sulle cose più importanti, e poi sul palco del comitato elettorale con al fianco Renata Polverini e Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno. Poco dopo si affaccia dall'uffico Andrea Augello, responsabile della campagna elettorale, per seguire l'ultima parte della conferenza stampa, quella riservata alle domande dei giornalisti, mentre Beatrice Lorenzin si siede tra il pubblico e non perde una battuta. La prima a parlare è la candidata e annuncia il programma sulla sicurezza, sottolineando come «secondo un'indagine sula percezione della sicurezza dei cittadini del Lazio de La Sapienza, la percezione di insicurezza dovuta alla delinquenza è più forte nelle Province di Viterbo, Frosinone e Rieti e nei comuni più piccoli, mentre la città di Roma mostra dati significativamente più bassi sia in relazione alla criminalità sia alla preoccupazione per la presenza di persone straniere». Il messaggio è chiaro: a Roma si è vinta la sfida, si può vincere anche nel resto della regione. L'impegno è netto: aggiungere 12 milioni di euro in tre anni per il rispetto del cosiddetto «Secondo patto per Roma sicura». Ristrutturazione di commissariati e caserme e l'acquisto di 400 vetture per le forze dell'ordine sono priorità non più procastinabili. Stanca ma serena, la Polverini elenca i punti sui quali far convergere le risorse e traccia una politica sulla sicurezza del territorio che prevede non solo l'utilizzo di nuove tecnologie per le forze dell'ordine ma anche un'inedita collaborazione con le istituzioni scolastiche e le associazioni di volontariato, senza dimenticare gli sportelli antiracket e antiusura. Non si tratta di un semplice elenco di cose da fare ma di un tassello, se non decisivo certamente importante, di una campagna elettorale arrivata ormai all'ultimo giro di boa. Lo sa bene anche Mantovano che, pur rispettando i confini del suo ruolo istituzionale, non manca di sferrare più di un sottile «attacco». «Sottoscriveremo il Patto per la sicurezza del Lazio all'indomani del voto. Il nostro auspicio è che sia la Polverini a firmare questo patto perché la collaborazione tra le istituzioni è fondamentale, a prescindere dal colore politico, ma è chiaro che l'omogeneità politica è importante». Poi sferra, con eleganza, l'affondo. «Vorrei solo ricordare che qualche mese fa esponenti radicali hanno denunciato penalmente il ministro dell'Interno per la riconsegna di alcuni clandestini, quando poi grazie al patto con i libici gli sbarchi sono dimunuiti del 90%». Lo ha detto quindi ma senza esplicitare. La politica della sicurezza dei radicali va nella direzione opposta a quella messa in campo dal centrodestra al governo nazionale così come al governo capitolino. Spetta allora ad Alemanno chiudere il capitolo, dati alla mano, di una politica che sul fronte della criminalità ha segnato più di un successo. «La sicurezza è il primo diritto dei cittadini e il bilancio di questi due anni è molto positivo grazie soprattutto all'impegno di tutte le forze dell'ordine. Nel 2008 il patto per Roma sicura - ha ricordato Alemanno - ha portato a grandi campagne per la lotta alla criminalità, alla prostituzione, al commercio abusivo e il dato dei reati è diminuito del 29% dal 2007 e dal 2009. Abbiamo fatto moltissimo ma di fronte alla criminalità non bisogna mai abbassare la guardia e l'impegno preso da Renata significa un rilancio sostanziale del patto». Oltre alle parole poi, ci sono i numeri diffusi dalla Polverini: la Regione Lazio a fronte di un impegno finanziario di 11 milioni di euro in tre anni (2008-2010) per Roma Sicura, ha versato nel 2008, duecentomila euro, nulla nel 2009. Segno evidente che anche la sicurezza fa politica.