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Una Chiesa viva che fa sentire la propria voce

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Dopo aver letto le parole del presidente della Conferenza Episcopale Italiana sulla campagna elettorale mi è venuto in mente un libro scritto dal cardinale Giacomo Biffi. S'intitola "Pecore e pastori" ed è un viaggio dentro la comunità di Cristo, "dal Papa al più recente dei battezzati". "Dio resta il padrone delle pecore, ma al compito divino di prendersene cura è associato Gesù di Nazaret" spiega Biffi. I nostri pastori sono i sacerdoti, noi siamo il gregge. E sono giorni difficili per tutti. La Chiesa sta affrontando a testa alta il dramma della pedofilia. I fedeli s'interrogano e in molti casi si sentono smarriti. Joseph Ratzinger a Subiaco il 1° aprile del 2005 disse: "La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di lui, ha oscurato l'immagine di Dio e ha aperto la porta all'incredulità. (…) Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini". Papa Benedetto XVI è in prima linea per salvare l'istituzione dallo scandalo, ridarle fiducia, forza, credibilità. La Chiesa è sotto attacco, ma non può rinunciare al suo magistero. La sua storia millenaria è costellata di momenti difficili. Li ha sempre superati. E la prospettiva storica di un movimento religioso non è il breve tragitto della vita di un singolo uomo. Il suo essere nel mondo non è paragonabile a quello di altre istituzioni. Le nostre democrazie rispetto alla Chiesa sono come acerbi giovinetti che stanno imparando a camminare sulle loro gambe. La presa di posizione dei vescovi sui temi della vita e dell'aborto è un passo irrinunciabile per una Chiesa che vuol dire la sua sulla società e indicare la via ai suoi fedeli. Sia pure nella prospettiva di una «minoranza creativa», i cattolici hanno non solo un'anima ma anche una voce che si fa sentire. La campagna elettorale finora è stata aspra, lontana dai problemi della gente, deviata. Il monito del presidente Cei riporta tutti sulla terra, riconduce le nostre riflessioni a temi essenziali: la vita e la famiglia. Il cardinale Bagnasco è stato chiaro: «I valori non negoziabili sono la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l'indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Sono questi i valori irrinunciabili di cui parla la Conferenza episcopale. Il resto viene dopo, molto dopo. Le fondamenta dalle quali si parte per la costruzione di una comunità. Vedo già le facce dei laicisti, le loro ciglia aggrottarsi, lo sguardo farsi corrucciato. Ognuno ha le sue idee. Il problema è che a sinistra spesso si fatica a capire che la Chiesa quelle idee ha diritto di esprimerle. Soffocarle la voce equivale a una privazione della libertà, parola di cui i progressisti de noantri si riempiono la bocca senza coglierne spesso il significato più profondo. Vedo anche i puristi del Palazzo agitare la bacchetta e dire: lo Stato è laico, la Chiesa non ha alcun diritto di intervenire nei processi politici. È la categoria dei cavourriani alle vongole. Camillo Benso riposa in pace da tempo, ma loro pensano ancora alla presa di Porta Pia e a un Vaticano che esiste solo nelle loro ossessioni e in qualche romanzo. Eppure la politica italiana è colma di queste sciocchezze, non è matura abbastanza per capire che questo - piaccia o meno - è un paese cattolico. Roma è la sede del Papato, culla della cristianità. La storia del nostro Paese sarebbe incomprensibile senza la presenza della Chiesa. Guardatevi intorno, cari lettori de Il Tempo, sollevate lo sguardo e osservate il paesaggio che vi circonda. É segnato dalla presenza della Chiesa, dai suoi monumenti, dai simboli piccoli e grandi. E non parlo solo delle metropoli. Nei paesini la presenza metaforica della nostra struttura statale e collettiva è rappresentata da due simboli: la parrocchia e la stazione dei Carabinieri. Basta il successo del serial televisivo di Don Matteo per spiegare che cosa sia l'Italia reale, non quella raccontata dai «giornali intelligenti». Questa Chiesa, seppur ferita e sotto attacco, è viva e va difesa. Per questo il governo nella persona stessa del presidente del Consiglio ha sentito il dovere di esprimere parole chiare. Silvio Berlusconi ha detto quel che pensano tutti gli uomini di buona volontà o anche solo intellettualmente onesti. La Chiesa, in questa storia terribile degli abusi sessuali sui minori, ha dimostrato di saper «distinguere tra gli errori umani, di cui la storia è piena, e gli enormi frutti di bene che sono nati e continuano a nascere dalla radice cristiana». Sottoscriviamo queste parole di Silvio Berlusconi dalla prima all'ultima. In questi giorni terribili svolazzano gracchiando molti corvi intorno al Cupolone, sinistre figure che vorrebbero la Chiesa ridotta all'angolo, quasi fosse una congrega di sordidi pedofili. Non è così. E gli italiani lo sanno.

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