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La Cei: votate chi difende la vita

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Il cardinale Angelo Bagnasco

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Una presa di posizione netta. Che cala sulla campagna elettorale come un macigno, indicando che la strada dei cattolici non è certo quella imboccata dai candidati radicali e dal centrosinistra. Il voto – ha spiegato ieri il presidente della Cei Angelo Bagnasco aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani – deve essere dato a chi difende la vita umana, uno dei valori «non negoziabili». E la vita umana va difesa «innanzitutto dal delitto incommensurabile» dell'aborto in tutte le sue forme. L'elenco delle priorità fatto dall'arcivescovo di Genova non lascia spazio a dubbi: in cima alle condizioni irrinunciabili per i cattolici ci sono «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l'indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Su questo fondamento, ha proseguito, «si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l'accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l'integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata». Ma le parole più dure sono quelle riservate all'aborto, descritto da Bagnasco come «un'ecatombe progressiva», che si vuole rendere «invisibile» attraverso l'uso di pillole da assumere in casa. «Che cosa ci vorrà ancora – ha detto ai vescovi – per prendere atto che senza il principio fondativo della dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana, ogni scivolamento diviene a portata di mano?». Poi il riferimento, chiaro, alle prossime elezioni e all'inevitabile scelta di campo per chi segue la Chiesa: «In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale. L'evento del voto è un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare». Ma tutto il discorso di Bagnasco è «intriso» di richiami alla politica. E in particolare alla moralità di chi ricopre cariche pubbliche. «Non cerchiamo alibi preventivi né coperture impossibili – ha denunciato il presidente della Cei – Sottrarre qualcosa a ciò che fa parte della cosa pubblica non è rubare di meno; semmai, se fosse possibile, sarebbe un rubare di più». «Bisogna che – ha incalzato – al di fuori delle vischiosità già intraviste e della morbosità per un certo accaparramento personale si recuperi il senso di quello che è pubblico, che vuol dire di tutti e di cui nessuno deve approfittare mancando così alla giustizia e causando grave scandalo dei cittadini comuni, di chi vive del proprio stipendio o della propria pensione ed è abituato a farseli bastare, stagione dopo stagione». Angelo Bagnasco ha poi affrontato l'argomento che maggiormente preoccupa in questi giorni la Chiesa, lo scandalo dei preti pedofili in Germania. E in particolare per i riflessi in Italia dopo che in un'intervista ad Avvenire, il promotore di Giustizia vaticana, monsignor Charles Scicluna (incaricato di seguire tutte le denunce su questi casi) aveva affermato che nel nostro Paese «finora il fenomeno non sembra abbia dimensioni drammatiche, anche se ciò che mi preoccupa è una certa cultura del silenzio che vedo ancora troppo diffusa nella Penisola». I vescovi italiani, ha replicato Bagnasco, hanno «prontamente preso atto» delle direttive della Santa Sede e «hanno intensificato lo sforzo educativo dei candidati al sacerdozio, il rigore del discernimento, la vigilanza per prevenire situazioni e fatti non compatibili con la scelta di Dio».

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