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Pdl, una festa e scelta di campo

Il premier Silvio Berlusconi

Un megafono: avanti governo!

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{{IMG_SX}}Contento, soddisfatto, motivato. La manifestazione è stata «straordinaria». Amareggiato sì, per l'ennesimo (l'ultimo) stop alla lista Pdl nella provincia di Roma. Ma gasato per le immagini che ha visto dal grande palco di piazza San Giovanni. Per Berlusconi «è stata una festa meravigliosa». Berlusconi vive così quello che da molto esponenti del Pdl è stato denominato il B'day, il giorno di Silvio. Il premier avvertito già prima di lasciare la sua casa, dell'affluenza delle persone, dell'aria festosa che si respirava nella piazza capitolina, con tutti i suoi ministri, il suo amico Umberto Bossi, il sindaco di Roma Gianni Almemanno, e una grande fetta di parlamentari di via dell'Umiltà, è arrivato sul palco sorridendo, e voglioso di parlare. A cominciare dallo slogan utilizzato per la kermesse, titolo del suo libro, «L'amore vince sempre sull'odio e sull'invidia». Sono passate da poco le 17, quando il presidente del Consiglio, più volte annunciato dal coordinatore Pdl Ignazio La Russa, e dal capo dell'organizzazione Maurizio Lupi, sale sul grande palco bianco allestito al lato della basilica di san Giovanni. Inno di Mameli, e via con le 31 pagine del discorso. Pagine a cui il premier ha lavorato fino a tarda notte, limandolo e rivedendolo con i suoi più stretti collaboratori. C'erano, fra gli altri, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Sestino Giacomoni, Valentino Valentini. Il canovaccio resta quello utilizzato in questi giorni di campagna elettorale, senza esagerare, ma lanciando uno a uno i suoi affondi. Durissimo l'attacco alla sinistra «ammanettata ad Antonio Di Pietro», che «non ha il senso dello Stato». Pesante, anche se già sentita, l'accusa ai giudici di sinistra «che hanno dettato tempi e modi della campagna elettorale». Non inedita la richiesta di un «forte mandato per una vera rivoluzione liberale nei prossimi tre anni», con tanto di riforma presidenzialista, della giustizia, del fisco. Alla sua destra ci sono tutti i ministri del suo governo, con i 13 candidati del centrodestra. Sotto, davanti a lui ci sono tutti gli esponenti dell'ex An, e Berlusconi li chiama «amici», ma a confronto con gli elogi a Bossi risalta il fatto che il Cavaliere neppure nomini il co-fondatore Gianfranco Fini, che dalla piazza si è tenuto distante per il suo ruolo istituzionale. In compenso, in piazza ci sono tutti gli uomini più vicini al presidente della Camera, tutti nessuno escluso. Berlusconi lo dice subito: quella di San Giovanni è «una grande festa di libertà». «Siamo tantissimi - allunga lo sguardo sulla folla - uomini e donne che amano la libertà e vogliono restare liberi. La maggiore forza politica del paese, che oggi con compostezza manifesta, si prende la scena con determinazione ed orgoglio non per andare contro qualcuno o per accendere falò di invidia e di odio, ma per difendere il diritto di voto e di non essere spiati». Sta parlando quando la della folla arriva lo slogan urlato «c'è solo un presidente». Il premier si ferma, ride, è contento, «occhio perché, mentre uno sta parlando, può sembrare anche boicottaggio». Applauso. E continua: «Scendiamo raramente e con fatica in piazza ma quando ce vò ce vò...E questa volta è stato assolutamente necessario farlo». Ribadisce ancora una volta che «l'amore vince sempre sull'odio», cominciando a snocciolare le sue accuse ai giudici e alla sinistra, che «incapace di governare e sceglie avversari ancora peggiori, ammanettata com'è al giustizialista Di Pietro». Una sinistra che, se dovesse vincere, «metterebbe la libertà a rischio». Esattamente come nel '94 quando il Cavaliere decise di scendere in campo. Oggi Berlusconi chiama ad un'altra «scelta di campo». Il premier è duro anche con «quei magistrati politicizzati che portano avanti una giustizia ad orologeria e intercettazioni a tappeto per fare una politica contro di noi». L'ultimo ridicolo atto, urla tra gli applausi il Cavaliere, è l'inchiesta di Trani, ma prima c'era stato «il fango gettato addosso a Bertolaso, persona moralmente onesta che ha lavorato per il bene del paese». Dopo aver indicato l'obiettivo di «sconfiggere il cancro» nei prossimi tre anni di legislatura, il premier chiama quindi i 13 candidati governatori a recitare tutti insieme la "promessa del buon governo". Chiude con la Polverini: «una che si è fatta da sola e con lei vinceremo», assicura il premier prima che lo raggiunga la doppia notizia del no del Consiglio di Stato alla riammissione delle liste Pdl e di quello della Regione al rinvio di quindici giorni delle elezioni chiesto da Sgarbi. Il premier lo apprende amareggiato, mentre nel cuore si sente contento della «straordinaria» piazza riunita a San Giovanni. A differenza del 2006, stavolta Berlusconi non fa accenno all'affluenza. Subito dopo la fine del suo discorso, salutando e ringraziando tutti nel retropalco, ha chiesto ai coordinatori Verdini e La Russa dati sulla presenza delle persone. «Presidente eravamo un milione», la risposta. E lui: «È stata una bellissima festa». Sale in macchina , scortato dalle macchine blindate della sicurezza, e lascia la piazza sotto le note di «Meno male che Silvio c'è». Giancarla Rondinelli

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