Ispettori a Trani, il Csm corregge il tiro "Faremo soltanto una risoluzione"
Il Csm conferma la marcia indietro e si adegua all'orientamento espresso ieri dal capo dello Stato in una nota e recepito dal suo stesso comitato di presidenza, che aveva deciso di assegnare la pratica, non più «a tutela», sull'ispezione presso la Procura di Trani alla Sesta commissione - cui non spetta di tutelare i magistrati da eventuali invasioni di campo, ma che si occupa di problemi ordinamentali - e non alla Prima come inizialmente richiesto. Nessuna istruttoria del Csm sull'ispezione disposta dal ministro della Giustizia Alfano, ma solo una risoluzione che si limiterà a ribadire i principi alla base del rapporto tra i poteri ispettivi del Ministero e il segreto investigativo. Nella nota di ieri, il presidente Napolitano aveva spiegato che il Csm «può solo richiamare gli orientamenti generali già indicati da ultimo con deliberazione del 24 luglio 2003 circa i 'rapporti fra segreto di indagine e poteri dell'Ispettoratò», mentre «non può pronunciarsi preventivamente sullo svolgimento» delle ispezioni. Non ci saranno dunque audizioni a Palazzo dei Marescialli, nè sarà acquisito il mandato affidato dal ministro Alfano agli ispettori. Ad Ezia Maccora, presidente della Commissione e appartenente alla "corrente" di Magistratura Democratica, è stato conferito l'incarico di provvedere a una ricognizione generale dei principi che regolano il rapporto tra i poteri degli ispettori e le indagini giudiziarie, raccogliendo le varie delibere del Csm in materia. Il nuovo documento dovrebbe essere discusso e approvato entro la prossima settimana. «Soddisfatto» uno dei consiglieri «laici» del Csm, Gianfranco Anedda. Un'indagine a suo avviso avrebbe rappresentato una «forma indiretta di intimidazione degli ispettori» e «un'indebita censura illegittima ad un'attività che è propria del ministro», mentre «scegliendo di procedere ad una ricognizione sui principi di carattere generale, si è riconosciuto di aver ecceduto». Mentre il presidente del Senato, Renato Schifani, ritiene «opportuno che si faccia luce al più presto su questa preoccupante fuga di notizie» dalla Procura di Trani, sulle polemiche innescate dall'indagine aperta nei confronti del premier Berlusconi, del commissario Agcom Innocenzi e del direttore del Tg1 Minzolini, interviene di nuovo questa mattina il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, sottolineando di non condividere le critiche espresse dal premier all'inchiesta, definita «risibile». Sui rapporti tesi tra politica e magistratura, tra governo e Csm, Mancino osserva che «c'è una rudezza, a volte una vera e propria violenza, anche nel linguaggio, che rende impossibile mantenere in forme di dialogo costruttivo il rapporto tra istituzioni, ordini e poteri dello Stato», rilevando che gli «eccessi verbali» che «gettano discredito indiscriminato» sulla magistratura, provocando «repliche a volte giustamente definite fuorvianti», provengono «sempre dalla stessa parte». «Siamo confortati - commenta il vice capogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello - nell'apprendere che il Csm abbia tirato il freno a mano» e «sostenere come fa ancora oggi il vicepresidente Mancino, che da parte del Csm vi sia sempre stata serenità istituzionale e che delle fibrillazioni si dovrebbe chieder conto a chi ha denunciato pubblicamente l'enormità della situazione e non a chi con i suoi atti l'ha determinata, o al limite a chi scrive i titoli dei giornali, ci sembra una ricostruzione non realistica di quanto accaduto, e decisamente riduttiva rispetto a fatti che hanno determinato la presa di posizione dello stesso capo dello Stato». Tuttavia, osserva Quagliariello in una nota, «umano quanto l'errore è il tentativo di ridimensionarne ex post la portata. Ciò che conta è che nei fatti il Csm abbia fatto marcia indietro, di questo ci rallegriamo, innanzi tutto con il Csm».