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Il prof che fomenta gli studenti di sinistra: «Alziamo la protesta»

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RaulMordenti. Un prof tra i ragazzi dei collettivi di sinistra. Impossibile non intervenire per lui che nella facoltà di Lettere di Tor Vegata, dove l'assemblea non autorizzata sta insultando gli studenti di destra, oltre a fare il docente è militante rosso. Prende il microfono. L'esordio è tutto dedicato al quotidiano di Roma: «Il nostro mestiere (quello di professore universitario, ndr) è connettere le parole al senso. Invece ci troviamo davanti alle follie di giornali come Il Tempo nella ricostruzione dei fatti». E racconta la sua verità sugli scontri tra studenti nei giorni scorsi alla facoltà di Giurisprudenza. «C'è stata una rissa martedì scorso? No uno squadrismo. C'è stato un gruppo guidato da un duce che ha rotto un momento di democrazia. Hanno picchiato i giovani che sono qui, li hanno inseguiti e minacciati». La platea si scalda. Partono i primi applausi. Mordenti ci prende gusto. Cita Gramsci. Parla di violenza senza precedenti. E attacca i suoi colleghi, quelli in cattedra: «Molti professori dicono si sia trattato di scontri tra due gruppi estremisti, oppure di una rissa. Ecco, sono i docenti che fanno parte di quella zona grigia della nostra società che alimentano il fascismo». E giù applausi. Mordenti, del resto, non è uno qualunque. Non è un prof che passa lì per caso e dice la sua al popolo. Suo padre era un soldato che aderì al fascismo. Poi, pentito, lasciò Mussolini per la Resistenza. Lui, suo figlio, prende in eredità la decisione paterna e già nel 1961 fa parte dell'organizzazione giovanile antifascista «Nuova Resistenza». La sua militanza nei movimenti si affianca agli studi universitari che lo portano prima a diventare ricercatore a La Sapienza, poi docente a Tor Vergata. Il suo curriculum conta anche l'adesione a Democrazia proletaria e Rifondazione comunista. Negli Anni Settanta milita proprio nei collettivi, che adesso gli cedono il microfono durante l'assemblea. «Ora - dice Mordenti ai ragazzi di Lettere - voglio parlare anche di elezioni regionali. Io voglio che in queste aule si possa svolgere un confronto tra tutti i candidati». Alza la voce. «Voglio un confronto qui dentro. Qui si fa politica. Moltiplichiamo le manifestazioni. Moltiplichiamo le mobilitazioni. Le assemblee. Moltiplichiamo la nostra presenza», dice prima di cedere il microfono. Poi va via. Tra strette di mano e qualche intervista alle tv dell'ateneo. Sembra in procinto di andare. Ci ripensa. C'è un ragazzo che gli chiede un consiglio. Un altro lo avvicina. Dieci minuti ancora di mini-comizio. Poi rivaluta se andare. Fa un passo verso l'uscita. Ci ripensa ancora. Resta. Oggi si fa lezione di politica. Fab. Per.

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