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Vendola pensiona il Pd

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Il panorama politico del Belpaese dopo le elezioni regionali è destinato a cambiare. Non sarà un processo rapido, ma le scosse sismiche in profondità sono forti e presto o tardi se ne renderanno conto un po' tutti. Mi ha colpito in particolare la manifestazione del centrosinistra sabato in piazza del Popolo: un passo indietro sul piano della proposta, ma un balzo in avanti su quello della leadership futura dell'opposizione. Da tempo seguo le gesta di Nichi Vendola e la sua performance sul palco sabato scorso mi ha confermato che siamo in presenza di qualcosa di più di un semplice candidato alla presidenza della regione Puglia. Vendola è il miglior affabulatore della sinistra, ha tratti politici berlusconiani, riesce a catturare la folla e sedurre il popolo progressista che da tempo sente il disperato bisogno di tornare a sognare. Per questo ieri in riunione di redazione ho chiesto ai miei colleghi di intervistarlo, sentire dalla sua viva voce quali progetti coltivi e dove voglia andare. Basta leggere l'intervista ben condotta da Michele De Feudis per avere la conferma che Vendola nutre ambizioni più grandi: Nichi vuole rifondare non il comunismo, ma la sinistra tutta. La sua frase «i democratici potrebbero confluire in Sinistra e Libertà» in realtà va presa sul serio. Vendola vuol pensionare il Pd. Dietro la battuta infatti si cela un discorso politico che va oltre gli angusti confini del Pd. Vendola ha in testa un progetto "fusionista" della sinistra che punta ad aggiornare la tradizione della lotta operaia senza mai nominare le "radici" di cui invece è infarcito il pensiero di Pier Luigi Bersani. Mentre il Pd è avvitato su se stesso, incasinato dai giochi delle correnti, in perenne seduta di autocoscienza, Vendola si comporta da battitore libero che se ne infischia del partito. Vendola colpisce direttamente la pancia e la testa del popolo rosso. Ne sa qualcosa Massimo D'Alema che ha provato a contrastarlo nella sua Puglia: ne è uscito con le ossa rotte e oggi - da regista del Pd - cerca di limitare i danni portandolo dalla sua parte. Max non riuscirà a «inglobare» Nichi. Il progetto dalemiano è una fusione per incorporazione che può riuscire solo quando un'azienda (il Pd) è in piena espansione. Qui invece i democratici attraversa una crisi di identità e consenso che non si chiude con un discreto risultato alle regionali. Se Vendola conquista la Puglia, il suo respiro diventerà subito un ruggito e poi una fiammata. Sarà lui, il drago di Bari, a costringere il Pd a cambiare la sua natura. Finora D'Alema ha cercato di tenere insieme il partito e rilanciare il centro-sinistra con il trattino. Roba vecchia. Vendola è altro. É lo spostamento a sinistra dell'asse politico e soprattutto è l'unico avversario davvero temibile per Antonio Di Pietro, il quale, non a caso, lo vede come il fumo negli occhi. In Puglia tra la giunta Vendola e l'Italia dei Valori sono già volati gli schiaffi. Sono forze incompatibili perché coltivano lo stesso disegno: lanciare la scalata al Pd. Solo che Tonino lo fa a colpi di zappa ed è destinato a restare minoranza, mentre Vendola ha capito - come Berlusconi a destra - che per conquistare la massa occorre sedurla. Lo scenario incerto del post-crisi economica e la lenta ripresa possono favorire Vendola e il suo messaggio di «protezione» dei lavoratori e delle stesse imprese. Il voto francese e il sorpasso socialista ai danni dell'Ump di Nicolas Sarkozy sembrano suggerire questo futuro scenario europeo. Ma l'Italia non è la Francia e nel governo di Silvio Berlusconi (per ora insostituibile, pena lo spappolamento del centrodestra) in realtà c'è un forte antidoto: il filone dell'economia sociale di mercato di cui Giulio Tremonti è l'alfiere. Servirà a rassicurare gli incerti, domare la paura, accendere la speranza e perfino dare una mano al Pd rendendo quella di Vendola una resistibile ascesa.

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