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Silvio si prepara a indossare l'elmetto

Berlusconi

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Calma e gesso. Silvio Berlusconi ci prova. Non commenta il premier la decisione del Tar del Lazio che di fatto ha nuovamente escluso il Pdl dalle elezioni.  Non commenta in pubblico perché in privato usa parole di fuoco. «Il Tar è andato oltre», insiste il premier con chi lo ha sentito al telefono. Unico motivo di rallegramento sta nel fatto che almeno quella decisione così arbitraria, agli occhi dei dirigenti del Pdl, conferma che il decreto non era certamente un golpe come urlato in piazza dal popolo viola e anche da qualche esponente del Pd. Anzi, il provvvedimento interpretativo era proprio rispettoso dell'autonomia dei magistrati. Fin qui la «soddisfazione». Per il resto Berlusconi è preoccupato. Preoccupato perché per lui, quando si finisce in mano ai giudici, è un terno al lotto. È la seconda volta che assiste a un provvedimento di un certo rilievo, concordato con il Quirinale, che poi le toghe fanno a pezzi: era già accaduto con il lodo Alfano. Anche allora come oggi, visto da Arcore, Fini s'è chiamato fuori. Ad ottobre, fanno notare berlusconiani di stretta osservanza, il presidente della Camera fece sapere che non avrebbe usufruito dello scudo giudiziario. E fu bocciatura. Stavolta Berlusconi è rimasto «letteralmente sconcertato» da un'altra frase del suo ex vicepremier: quando ha detto il decreto «salvaliste» era il «male minore». Un altro smarcamento? Proprio sul provvedimento che serviva a salvare la Polverini, la candidata di Gianfranco? Di sicuro anche stavolta è arrivata una bocciatura dalle toghe. L'aria di bruciato l'aveva annusata per primo il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che aveva detto poco prima della pronuncia: «Se il Tar decide che la lista è fuori, quella lista resta fuori nonostante il nostro decreto», aveva detto il titolare del Viminale, auspicando una decisione in tempi rapidi, pena il rischio di un rinvio del voto. Poco dopo è arrivato il rifiuto del tribunale amministrativo. Dipendesse da lui, da Silvio ovviamente, c'è da mettersi l'elmetto e scendere in piazza. Ma per ora si attende. Si attende oggi come si pronuncerà l'ufficio elettorale e poi si vedrà. Non c'è spazio all'ira. Tanto che in serata è il coordinatore del Pdl Denis Verdini a dettare la linea: «Siamo convinti che domani mattina (stamattina, ndr) la nostra lista sarà ammessa alla competizione elettorale come lo stesso presidente della Repubblica, Napolitano, ha auspicato». Tradotto dal politichese vuol dire che il Pdl aspetta e confida che l'ufficio centrale circoscrizionale - che intanto ha accettato il plico contenente la lista - non segua l'orientamento dei giudici amministrativi secondo i quali il decreto non «può trovare applicazione» nel Lazio. Si attende. Ma si studiano le contromosse. Se arriverà una nuova bocciatura cambierà completamente la campagna elettorale. Finora Berlusconi ha fatto propaganda soft. Qualche comparsata, un paio di telefonate e poco altro. Anche perché la sicurezza gli ha imposto un rigido protocollo e di fatto sono vietate manifestazioni pubbliche se non controllate. Silvio cambierà tutto. Prenderà a calci il protocollo e scenderà pesantemente in campo. Rivendicherà il governo del fare, ciò che ha realizzato in Abruzzo «sporcato» dalle inchieste, i rifiuti di Napoli e il fatto che la crisi economica si sente ma è stata meno drammatica che altrove. Attaccherà la sinistra, ricorderà che due anni fa stavano ancora sputando tasse sugli italiani. E anche stavolta sarà un referendum pro o contro di lui.

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