Il Tar sbatte la porta in faccia al Pdl
Il destino del Pdl a Roma resta nelle mani dei giudici: l'ammissione della lista provinciale continua a fare la spola da una giurisdizione all'altra. Il Tar del Lazio alle 19.15 di ieri, dopo circa dieci ore di camera di consiglio, ha sbattuto nuovamente la porta in faccia al Popolo della libertà, respingendo il ricorso presentato dagli avvocati azzurri per ottenere la sospensione cautelare del provvedimento di esclusione emesso dall'ufficio circoscrizionale provinciale e confermato dall'ufficio centrale regionale della Corte d'Appello. La discussione di merito è stata invece fissata per il 6 maggio, a elezioni ormai svolte. La decisione del Tar è giunta nel giorno in cui la documentazione per l'ammissione della lista provinciale, non consegnata sabato 27 febbraio, è stata ieri finalmente depositata nella stanza 23 dell'ufficio elettorale del Tribunale, aperto dalle 8 di mattina per l'entrata in vigore del decreto legge «salva-liste» approvato venerdì scorso. Ciò, nonostante il Partito democratico, attraverso i propri legali, avesse formalmente diffidato dall'accettarla. Per tre motivi. Primo: perché «nel Lazio si applica la legge elettorale, non interessata dal decreto legge». Secondo: «I rappresentanti del Pdl sabato 27 febbraio non erano presenti in Tribunale entro le 12 con la prescritta documentazione. Il plico alle ore 17 è stato portato via dagli stessi rappresentanti del Pdl e riconsegnato ai carabinieri alle 19.30. Non è dimostrabile in alcun modo che ciò che era stato abbandonato corrisponda a quanto riportato, visto che gli stessi esponenti del Pdl nel ricorso al Tar ammettono che il plico era incompleto». Terzo motivo: «la commissione elettorale ha già consumato il suo potere in tema di ammissione delle liste». Nonostante la diffida, il plico alla fine è stato consegnato. Oggi si saprà se il Tribunale ammetterà o meno la lista del Pdl. Sul verdetto dell'ufficio elettorale grava comunque la decisione del Tar, che, nel motivare il respingimento del ricorso del Pdl, ha sostanzialmente fatto proprie le tesi degli avvocati della Regione Lazio e del Pd, costituitisi in giudizio «ad opponendum». Nello specifico, secondo i giudici amministrativi della seconda sezione bis (composta dal presidente Eduardo Pugliese e dai giudici Antonio Vinciguerra e Mariangela Caminiti), il decreto non può essere applicato perché la Regione «ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale, esercitando le competenze date dalla Costituzione. La potestà statale non può trovare applicazione». Inoltre, la documentazione doveva «essere presentata in Tribunale fino alle ore 12», ma dai verbali si evince che «alle 12 erano presenti per consegnare le liste persone non delegate dei ricorrenti», cioè di altri partiti, ma non del Pdl. Infine, «se anche il decreto legge trovasse applicazione, dai documenti risulta che il plico alle 17 veniva prelevato e alle 19.30 consegnato ai carabinieri che ne disponevano l'acquisizione. Non c'è certezza né prova che il delegato Pdl avesse con sé la documentazione prevista» e quindi «l'ufficio elettorale non avrebbe potuto ricevere i documenti». Con le stesse motivazioni è stato respinto anche il ricorso del consigliere regionale Fabio Desideri. Il Pdl non ha comunque intenzione di gettare la spugna. «C'è una legge dello Stato che è in vigore e che il Tar non può dichiarare incostituzionale. Sicuramente faremo ricorso al Consiglio di Stato», ha tuonato il responsabile elettorale Ignazio Abrignani, che ha aggiunto: «Nonostante la decisione del Tar, va avanti il lavoro dell'ufficio elettorale. Una legge dello Stato va applicata». All'orizzonte c'è, insomma, un'altra battaglia a colpi di carte bollate. «Domani (oggi ndr) porteremo l'ordinanza del Tar all'ufficio circoscrizionale presso il Tribunale perché ne prenda contezza», ha contrattaccanto il presentatore della Lista Bonino, avvocato Luca Petrucci. Se il Tribunale dovesse ammettere la lista Pdl i legali dei vari schieramenti del centrosinistra hanno già annunciato un nuovo ricorso al Tar, che difficilmente potrebbe sconfessare se stesso a distanza di pochi giorni. Un guazzabuglio giudiziario, quindi, con, sullo sfondo, anche il ricorso presentato dalla giunta regionale alla Corte Costituzionale. Certo il tempo stringe. Se il Consiglio di Stato dovesse dargli ragione, il Pdl avrebbe diritto a 15 giorni di campagna elettorale. Con lo spettro evidente di uno slittamento delle elezioni, anche se il pronunciamento potrebbe arrivare già in settimana. Per decidere le prossime mosse, lo stato maggiore del Pdl laziale si è riunito fino a tarda sera nel comitato elettorale di Renata Polverini. Presenti, oltre alla candidata governatrice, il ministro Giorgia Meloni, i deputati Fabio Rampelli e Beatrice Lorenzin, il sottosegretario alla Funzione pubblica coordinatore della campagna elettorale Andrea Augello e il segretario regionale Vincenzo Piso. Il vertice - ha spiegato Augello - è stato aggiornato ad oggi: alla luce del pronunciamento del Tribunale sull'ammissione della lista, il Pdl deciderà «come affrontare politicamente la questione e accettare la sfida».