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Fini-Silvio, schermaglie in vista del voto

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Unadomenica apparentemente normale per il presidente della Camera. Gianfranco Fini se n'è andato a spasso in bicicletta. Una passeggiata a villa Borghese con la compagna Elisabetta Tulliani e con la loro prima figlia sul seggiolino. L'ex leader di An si imbatte nella cerimonia di riapertura del Pincio, saluta il sindaco di Roma Gianni Alemanno e confessa: «Oggi mi sento molto british». Poi va via. Fini ha comunque seguito il dibattito nel pomeriggio e con una certa preoccupazione soprattutto per gli attacchi al Colle. D'altro canto la sintonia con il Quirinale non è una novità di oggi. Tutt'al più si è rinsaldato in queste ultime ore e in questi ultimi giorni. La fondazione di Fini, Farefuturo, ha organizzato un convegno con la fondazione creata da Giorgio Napolitano, Mezzogiorno Europa, venerdì scorso. E le due associazioni hanno elaborato anche un documento comune dai toni duri sul ricambio delle classi dirigenti, al punto che veniva dichiarato concluso un periodo politico, quello dell'ultimo quindicennio. Certo, la nota era calibrata sul Sud ma nell'entourage berlusconiano hanno inteso tutti che il riferimento era anche a Silvio Berlusconi, sceso nell'agone politico nel 1994: sedici anni fa. Negli ambienti vicini al Cavaliere, inoltre, si seguono con una particolare attenzione tutte le ultime mosse di Fini. E ormai apertamente si parla di una scissione in arrivo. Lo scenario che si attendono gli uomini di Berlusconi è che Fini resterà fermo fino alla fine della campagna elettorale. «Poi lascerà il Pdl, farà un suo gruppo parlamentare e assieme a Casini chiederanno di contrattare con il governo provvedimento per provvedimento - spiega un berlusconiano convinto -. In particolare prenderanno di mira tutti i temi cari alla Lega, Bossi non resterà con le mani in mano. Così nessuno ha ben compreso che si imbocca una strada di nuove elezioni politiche. Tra un anno, non oltre». Scenario apocalittico? Può darsi. Un finiano di stretta osservanza replica secco: «Ma che dicono? Se pensano davvero questo c'è da preoccuparsi. La rappresaglia parlamentare non è una tattica finiana, non l'ha mai fatto e non credo cominci adesso». Quel che è certo è che siamo alle schermaglie incrociate. Tutto è rinviato al dopo elezioni e dipenderà dal risultato finale. E soprattutto da come finirà nelle Regioni in bilico sebbene Silvio abbia messo le mani avanti chiarendo che quel che conta è il numero dei voti non il numero delle Regioni vinte. Sarà ma se il Lazio, la Campania e la Puglia andranno a destra sarà ben difficile sostenere che il governo non è in salute. E nel qual caso Berlusconi può dormire sogni tranquilli. Fino a quel giorno Fini resterà a guardare. E anche dopo aspetterà che la prima mossa sia quella di Berlusconi. F. d. O.

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