Bersani tace su Tonino. E acconsente
Antonio Di Pietro chiede l'impeachment che nel nostro ordinamento non esiste, ma che è comunque un modo molto raffinato per dire che Giorgio Napolitano deve essere cacciato dal Quirinale. Con il tempo il leader dell'Idv ha imparto ad insultare il Capo dello Stato con stile, niente male. Ma il risultato non cambia. Ed è un problema per il Pd che, invece, cerca in tutti i modi di non trascinare il Colle in quello che è ormai diventato uno scontro all'ultimo colpo. Il concetto è semplice: l'obiettivo è Silvio Berlusconi e la maggioranza, non Napolitano. Lo dice Pier Luigi Bersani: «Il presidente della Repubblica non c'entra niente, non si nascondano dietro al presidente della Repubblica. Loro sono responsabili di quello che hanno scritto, del trucco vergognoso che hanno introdotto». Lo ripete Massimo D'Alema: «Il decreto è stato voluto e scritto dal governo, che ne porta intera la responsabilità politica, ed è nei confronti del governo che deve esercitarsi la nostra critica, la nostra opposizione e la protesta dei cittadini». E anche l'Udc di Pier Ferdinando Casini pur criticando il decreto, difende Napolitano dagli attacchi di Di Pietro. Nel frattempo l'opposizione si mobilita, scende in piazza e annuncia che cambierà il proprio atteggiamento in Parlamento imboccando la strada dell'ostruzionismo. L'appuntamento per tutti è il 13 marzo a Piazza del Popolo. Un grande manifestazione contro un decreto «vergognoso». Ormai il carro è lanciato, impossibile fermarlo. Così, quando a metà pomeriggio Napolitano risponde con una lettera rivendicando il merito del provvedimento, per il Pd è una doccia fredda. Anche perché il Capo dello Stato ricorda come nei giorni scorsi «si era espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell'opposizione che avevano dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia - "per abbandono dell'avversario" o "a tavolino"». Insomma anche il Pd era preoccupato per la situazione che si era venuta a creare. Al punto che c'è chi dice che abbia sollecitato Napolitano a ricercare una soluzione, qualsiasi soluzione. E ora non può rimangiarsi tutto. Di Pietro contrattacca: «La verità è una ed una sola c'è stata la volontà di favorire solo uno dei giocatori, e questo comportamento non è da arbitro imparziale, come richiederebbe il ruolo ricoperto da Napolitano. E chi si rifiuta di ammetterlo è un pavido o un ipocrita». Bersani e i suoi non commentano, ma ormai è troppo tardi per fare un passo indietro.