Emma e il grande schermo Il paradiso può attendere
«Prima di essere ministro il mio rapporto con il cinema era quello di semplice spettatrice...»: Emma Bonino parla all'élite dei produttori cinematografici del Lazio con un candore disarmante. Quella dell'audiovisivo è la seconda industria della regione (dopo il mattone), dà lavoro a oltre duecentomila addetti (i migliori del mondo) ed è, oggi, in una fase delicatissima. Il cinema italiano va a gonfie vele (i nostri film rappresentano oltre il 30 per cento del mercato del grande schermo), il cinema laziale un po' meno, visto che, come spiega Paolo Ferrari (il presidente dell'Anica): «Qui o ci muoviamo, o restiamo fuori». Ieri Emma Bonino ha incontrato i produttori dell'«Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali» nel bunker, appunto, dell'Anica, la bellissima, da poco rinnovata, sala cinematografica sotterranea in viale Regina Margherita a Roma. I temi: le grandi produzioni ormai fuggite dalla Capitale, nonostante «gioielli» come Cinecittà (ma, ricorda il responsabile Anica delle produzioni Riccardo Tozzi, quelli di Cinecittà non sono gli unici «studios» romani); la concorrenza agguerritissima degli altri Paesi e delle altre regioni italiane (Piemonte e Friuli), tanto che il mito della Hollywood sul Tevere più che un ricordo è ormai un miraggio. Emma ha di fronte una platea garbata (ad una signora la cavalleria non si rifiuta mai), ma imbufalita. I produttori parlano chiaro: i soldi, da investire, ci sono, ma l'accesso al credito è un rebus. Poi le sale: sembra che tutto, a Roma, sia in mano ad un unico rappresentante. Che sarà pure una brava persona, ma un monopolio è e tale resta. Emma non si scompone: spiega che per lei il cinema, fino a non molto tempo fa, era solo il ricordo dell'oratorio di Bra (la sua città natale, in provincia di Cuneo), dove la portava il papà. Ma chi l'avrebbe detto che la Bonino era una da oratorio! Emma annuncia che le cose fino ad oggi (leggi giunta Marrazzo) sono andate bene. Non si scompone nemmeno davanti a Fulvio Lucisano che la tira giù dura: «I due film ai quali sto lavorando li giro in Piemonte». Il Bonino-pensiero per il cinema punta a una legge quadro su produzione e riordino delle sale e a un'attenta gestione del Fondo regionale per il cinema. Pensa poi (non per niente è stata ministro per il Commercio internazionale e per le Politiche europee) ad una internazionalizzazione delle produzioni del Lazio. Alcuni anni fa un regista di una certa fama, tal Spielberg Steven, dovendo realizzare un film in molte parti ambientato a Roma non ci pensò nemmeno a venire nella Capitale. Quelle scene le girò a Budapest. Potrebbe la politica della Bonino cambiare le cose? La settimana prossima all'Anica incontro con la Polverini. Renata saprà dire, speriamo, qualcosa di più.