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L'incubo degli esclusi: tornare a casa

Manifesti elettorali contro l'esclusione in provincia di Roma della lista del Pdl (Foto GMT)

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C'è chi teme di tornare in banca o di riprendere servizio in un ente pubblico, chi si occuperebbe a tempo pieno dell'azienda di famiglia e infine chi dovrà correre in edicola a comprare «Lavorare». Perché dietro a questo fulmine a ciel sereno che ha colpito il Pdl laziale ci sono le vite dei politici locali. Non sarà facile cambiare abitudini: svegliarsi la mattina e magari perdere un'ora per cercare parcheggio tentando di arrivare in orario in ufficio. La busta paga poi. Forse qualcuno si sognerà quegli 8 mila euro al mese, al netto delle imposte, conquistati negli ultimi anni. È anche vero che i consiglieri non rieletti prenderanno una buonuscita tra i 50 e i 100 mila euro, mica da buttare via. «Ma non ci pago nemmeno il mutuo - sbotta il capogruppo dei Socialisti Riformisti, Donato Robilotta - Se il Pdl finisse davvero fuori dalle elezioni tornerei nel dipartimento economico di Palazzo Chigi». Andrebbe ancora meglio al consigliere di An Luigi Celori: in costume e infradito. Sì, perché l'esponente del centrodestra è un bagnino nell'anima: «Riprenderei a fare l'imprenditore. Ho uno stabilimento balneare». Ma visto che Celori è stato eletto anche al Comune di Pomezia non si allontanerebbe troppo dalla politica. Il «viale dei divani», che unisce l'Aula della Pisana con la buvette, mancherebbe a tutti. Per non parlare della segreteria con cinque-sei addetti o, almeno per i presidenti di Commissione, dell'auto blu. «Non mi spavento, continuerei comunque a fare politica anche se non avessi uno stipendio - precisa Francesco Lollobrigida (An) - Chiaramente mi troverei un lavoro». Stesse condizioni per Massimiliano Maselli (Fi) che però «non ci voglio nemmeno pensare». Determinato Pietro Di Paolo (An): «Ho campato 37 anni senza poltrone particolari, potrei farlo ancora. Sono un combattente politico». Anche perché Di Paolo un posto ce l'avrebbe comunque: delegato all'Agricoltura del sindaco Alemanno. Il «militante» (come si definisce lui stesso) Bruno Prestagiovanni (An) è tranquillo: «Per ora mi impegnerò ancora di più a fare campagna elettorale per la Polverini perché voglio la soddisfazione di veder perdere la Bonino e il centrosinistra anche senza Pdl in campo. Il lavoro? Non mi preoccupa. Sono un dipendente dell'Università Cattolica e non mi vergognerei di tornare lì». Una riflessione sarà comunque necessaria: «Dopo le elezioni - conclude Prestagiovanni - si dovrà valutare la competenza di questa classe dirigente di partito e l'opportunità che resti al suo posto». Dicono che il sindaco Alemanno abbia dato la disponibilità a «riassorbire» alcuni eventuali ex consiglieri in Campidoglio. Per il resto ci penserà il partito. Allo stesso tempo ogni esponente di An e Fi (alla Regione Lazio ancora non esiste il Pdl) «adotterà» un candidato della lista civica (si spera che riammetteranno almeno quella) per portare avanti un percorso comune. Ma i politici non sono gli unici a soffrire. Ci sono segretari, consulenti, addetti stampa che stanno con il fiato sospeso. Marco Palma, esponente del Pdl in XV Municipio, apre un altro fronte: «Non può essere un fattore determinante per la riproposizione delle liste del Pdl ma le tipografie sono già in crisi».

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