Quella lista non doveva essere rifiutata
Può darsi che sia una storia modello “Willy Coyote all’ufficio elettorale”, ma non mi convince affatto e, comunque, la scena è affollata da autolesionisti. Dal punto di vista formale c'è una sola cosa del tutto sicura: il pubblico ufficiale aveva il dovere di ricevere la lista dei candidati Pdl per la provincia di Roma, salvo annotare l'orario di deposito e le ragioni addotte dal presentatore, circa il ritardo. La legge non contempla l'ipotesi che possa rifiutarsi e, naturalmente, non prevede che vi sia una specie di servizio d'ordine che disciplina l'afflusso allo sportello, gestito a cura dei rappresentanti delle altre liste. Gli esponenti della parte politica esclusa, al momento in modo sicuramente illegittimo, farebbero bene ad articolare in modo ragionevole il ricorso, evitando sia le scene isteriche che l'appello a cariche istituzionali che non c'entrano assolutamente nulla. Si badi, non è solo una questione d'estetica repubblicana, ma di pericolosa mancanza d'elementari nozioni relative all'educazione civica. Il ricorso deve contenere non l'appello alla libertà, ma il richiamo alla legge scritta, spiegando quel che è successo e come mai quella lista non è riuscita neanche ad arrivare al funzionario incaricato, il quale solo, del resto, avrebbe potuto certificare l'ora esatta del deposito. Posto ciò, gli stessi esponenti politici non cerchino di far credere che tutto questo si deve al dilettantismo o alla prevaricazione, tanto più che le carte si trovavano nelle mani di chi non era nuovo alle minacce di non presentazione. E non si cerchi di far credere che, a quell'ora del mattino, il signore in questione avesse urgente bisogno di nutrirsi, facendo passare per ipoglicemia grave il sostanziale pastrocchio che ha condotto a creare il caso. Egli, difatti, ha lasciato negli uffici pubblici una parte della documentazione, mentre ha portato con sé la lista dei candidati. Probabilmente ha ritenuto saggio manipolarla lontano da occhi indiscreti, salvo il fatto di essersi messo fuori dalla fila, quindi essere incorso nell'esaurimento del tempo disponibile. Anche Willy crede sempre d'essere il più furbo e il più ingegnoso, ma finisce regolarmente spiaccicato sotto le trovate con le quali cerca di fregare gli altri. Tutto questo è scarsamente interessante dal punto di vista umano. In fondo, ciascuno si mette nelle mani di chi si fida, ed è giusto che ne paghi le conseguenze. È rilevante, invece, dal punto di vista istituzionale. I partiti politici, oggi, da una parte non esistono e dall'altra incassano finanziamenti pubblici come mai nel passato (alla faccia del referendum). Essendo stati cancellati gli organi di democrazia interna, nella speranza di cancellare la politica, non esiste una direzione o una segreteria che approva le liste dei candidati, ma si procede in modo opaco e consuetudinario, per cordate d'amici e coltivazione di famigli. Con tutto il dovuto rispetto, ne vengono fuori candidature che sembrano concepite apposta per evitare che a qualcuno passi l'ombra di un pensiero. La politica, però, si vendica, perché se anche si esclude il conflitto fra le idee, rimane quello fra gli interessi, quindi, per raccapricciante paradosso, messe a tacere le voci del dissenso politico si sviluppa una guerra crudele e durissima fra correnti raccolte attorno a singoli soggetti, o singoli interessi. La selezione che ne deriva è sotto gli occhi di tutti, e non necessita d'essere illustrata. Si sottovaluta un aspetto: anche le tifoserie calcistiche, pur appassionate sostenitrici della propria squadra, talora s'accorgono che a dirigerne le gesta ci sono degli incapaci, o persone che non hanno una spiccata vocazione per lo sport, sicché, spesso sbagliando, si rivoltano in modo rumoroso. Non credo gli elettori faranno nulla di simile, ma pur puntando sulla vittoria del ricorso avverso l'esclusione, i vertici politici faranno bene a non coltivare l'illusione che i cittadini siano disposti a tollerare proprio tutto, per sola avversione all'altro schieramento.