Procura Milano battuta sul caso Mills
L’unico punto certo è che la Procura di Milano ha preso un’altra brutta batosta. Sì, d’accordo: potrà sbandierare che il reato a carico dell’avvocato inglese Mills è stato riconosciuto benché prescritto. Però resta il fatto che la sentenza che lo aveva appeso a quattro anni e mezzo di carcere è stata annullata. Questo non vuol dire che Berlusconi ne esca trionfante, visto che il reato è stato prescritto ma esiste. E infatti uno dei legali, Piero Longo, mette le mani avanti: «È prematuro fare commenti su una sentenza della Cassazione di cui non conosco il dispositivo. In ogni caso, quello che ha deciso la Suprema Corte riguarda solo Mills e non anche Berlusconi. Succede spesso che ci siano sentenze difformi dalle Sezioni Unite della Cassazione». Fuori dal tecnicismo vuol dire che bisognerà leggere la sentenza e le motivazioni e capire soprattutto se la Cassazione riconosce una decisa correlazione tra il processo Mills e quello che riguarda Berlusconi. Se i giudici avranno deciso in quella direzione, il premier può dormire sonni tranquilli. Ma anche se avranno stabilito nella direzione a lui più sfavorevole, anche questo castello accusatorio ha meno chance di restare in piedi. «Sono soddisfatto che questa saga sia finalmente arrivata alla fine. Ora posso tornare a una vita normale»: questa la reazione di David Mills, attraverso un comunicato, alla decisione della Cassazione. Fin qui l'aspetto giudiziario. Quello politico è ben più chiaro. E lo riassume in maniera chiara Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, uno dei pochi dell'entourage del Cavaliere che abbia una strategia e soprattutto uno dei pochi che ha una certa dimestichezza con l'argomento politica e giustizia: «Il minimo che si può dire è che la gestione di rito ambrosiano della giustizia è andata incontro ad una dura sconfitta, che mette in difficoltà anche i giustizialisti da quattro soldi. Poi è evidente che per capire tutte le implicazioni della sentenza bisognerà leggerne le motivazioni». S'erano praticamente inventati un reato ad hoc, quello della corruzione susseguente, pur di incastrare il Cavaliere. È stata affondata pure la fantasia dei pm meneghini. Assestato questo nuovo schiaffo alla Procura di Milano, qualunque sarà il contenuto del dispositivo, la decisione della Cassazione avrà senz'altro delle conseguenze politiche. Anzitutto sul processo breve, la legge che era stata presentata in fretta e furia dopo che il premier si era trovato scoperto dalla decadenza del lodo Alfano. Adesso, sbriciolato uno dei due grandi macigni che pendevano sulla testa giudiziaria del premier, il testo non ha più senso di essere approvato. Almeno non così come era stato scritto. Basterà a proteggerlo il legittimo impedimento. In secundis, e non è poco, l'argomento giudiziario non è più (o almeno lo è molto meno) una spada di Damocle sulla testa di Silvio. Che così può ancor di più pensare al governo del Paese visto che un altro assalto dei pm è andato mezzo a vuoto.