Paura e pianti, il Popolo della libertà sotto shock
«Caz... mica dovrò tornare a lavorare!». Sospira il consigliere, anonimo, perché, oltre alle elezioni a cui forse non parteciperà, non vuole perdere la faccia. «Mi sono fatto il mazzo per arrivare fino a qui e ora puff! tutto scomparso». L'umore dei candidati precipita fin sotto i tacchi. Perché nessuno si aspettava una roba del genere, perché tutti hanno speso centinaia di migliaia di euro per conquistare un posto alla Pisana. «È impossibile» hanno ripetuto fino alle ore piccole. «È impossibile». Senza sapere come uscirne. Luigi Celori, di An (alla Regione Lazio non esiste ancora il Pdl), ha cominciato la campagna elettorale a giugno. «Ora sarà svenuto - commenta uno dei colleghi - Nei suoi manifesti c'è scritto "Parla con me". Dovrebbe cambiarli in "Piangi con me"». Succede: il tragico e il comico si toccano. Nei consiglieri c'è l'amarezza per l'esclusione della lista che sembra irrimediabile ma ancora la speranza che il ricorso alla Corte d'Appello possa sortire l'effetto sperato. «Come è possibile che il partito che a Roma vale il 42% sia cancellato dalle elezioni?». La rabbia verso Milioni e Polesi, i due che dovevano consegnare le liste in Tribunale e non l'hanno fatto, scema. Ma il consigliere Donato Robilotta, un tempo braccio destro di De Michelis, non usa metafore: «Se fosse successo a me il Partito Socialista mi avrebbe dato un calcio nel culo». «Qui c'è da azzerrare tutto», si sfoga Roberto Rastelli, il candidato di Baccini. Intende i vertici regionali del partito. «Il Pdl non merita di essere guidato da persone che non sono in grado di farlo». Dicono che Tommaso Luzzi (An), a un soffio dalla quarta legislatura, un altro di quelli che ci credono da sempre, abbia versato qualche lacrima. Anche più di qualcuna. «Ma che te piangi Tomma', e basta» lo avrebbe spronato il giovane consigliere comunale Luca Gramazio. «É il passo indietro della politica», ironizzano dallo staff della Polverini. Lei non è contenta, ci mancherrebbe, ma il Pdl fuori gioco ha il sapore del contrappasso dantesco dopo le settimane in cui Renata s'è sciroppata i «parrucconi» della coalizione. «Sembra che la Bonino cambierà il suo slogan. Il nuovo sarà "Ti piace vincere facile?"». Quello del gratta e vinci. Lo tira in ballo un altro esponente del Pdl, «tanto per non piangere». «Non molliamo» dicono. Aldo Forte è il capogruppo dell'Udc, si presenta nella circoscrizione di Latina. Ha aperto la campagna elettorale ieri a Formia: «Proprio il giorno giusto», commenta. «A saperlo mi sarei candidato a Roma. Mentre qui devo competere con Fazzone». Mentre il capogruppo di An, Antonio Cicchetti, è sanguigno come sempre: «Bisogna sparare sul quartier generale, non c'è altra soluzione. Io mi candido a Rieti, il nostro delegato è arrivato in tribunale alle 9,30 e alle 11 aveva finito tutto. Ma si può? Altro che coglioni questi due. Di più». Poi c'è la paura. Di «restare a piedi». «Non voglio nemmeno pensarci - dice Massimiliano Maselli, Fi - Certo se fosse così vedrò che fare ma coltiverò sempre la passione per la politica». Invece c'ha visto giusto Gianfranco Bafundi, un tempo Forza Italia, eletto in Regione con l'Udc, passato all'Udeur, poi al Pd, che ha scelto di ricandidarsi con la lista Polverini: «Spero che il Pdl sia riammesso. Se così non fosse, la formazione civica prenderebbe una montagna di voti». Riflette, poi conclude: «Ma poi chi governa?». In tempi di politica debole la ruota gira: «Pensavo che Tafazzi fosse solo di sinistra, invece sta anche tra di noi», sussurra qualcuno alla fine del vertice notturno.