Mokbel mai stato di Terza Posizione
«Esempio miserabile di disinformazione». Gabriele Adinolfi, ideologo negli anni Settanta del movimento Terza Posizione, non si nasconde, come nel suo stile, dietro metafore politicamente corrette. Le vicende sollevate dall'inchiesta Fastweb e sul G8 a La Maddalena sono lo spunto per un'attenta riflessione. Fondatore nel 1976, con Roberto Fiore e Peppe Dimitri, di Terza Posizione fu coinvolto nelle inchieste che accusavano il movimento di attività eversiva. Arrestato, dopo la scadenza termini, riparò in Francia dove diede vita a un centro studi. Con gli anni caddero in prescrizione le pene alle quali era stato condannato e questo consentì ad Adinolfi di tornare in Italia saltuariamente. Continua la sua attività di intellettuale di area, ma non ama essere definito di «destra» oggi, secondo il significato che a questa parola dà la «cultura dominante». Potere politico corrotto o società corrotta? «Decine di indagati e imputati e si parla solo del passato scandaloso di qualcuno come se questa fosse la contaminazione della democrazia. È la democrazia che ha introdotto la corruzione in Italia». Cosa vuole dire? «Cercare in questo scandalo un complotto equivale a mascherare la bassezza di chi ha depredato il denaro pubblico». Lei si riferisce al fatto che si parla di Gennaro Mokbel e delle sua militanza nell'estrema destra? «Infatti. Tutto si basa su questa figura che i giornali presentano come un "nero", il faccendiere fascista, invece di occuparsi dell'intrigo maleodorante che vede implicati partiti, governo. Potere e sottopotere. Si parla di un disegno eversivo». Mokbel lei lo conosceva? Ha fatto parte di Terza Posizione? «Mai conosciuto. Mai incontrato. Non so chi sia. La militanza presunta di questa persona è uno strumento per gettare ancora una volta fango sul movimento e sui suoi ex appartenenti. Dalle cronache viene fuori una sorta di complotto planetario dove gli ex di Terza posizione, i "neri" influenzano potere politico ed economico. Ci troviamo di fronte a una fiction dove i cattivi sono come sempre i fascisti». Non si può però tacere che siamo di fronte a un fenomeno corruttivo diffuso... «Certamente. Siamo di fronte alla più grande frode fiscale mai scoperta. I protagonisti sono amministratori pubblici e politici assolutamente bipartisan. Esponenti del Pdl, ambiente del sindacato, della Cgil. Il marcio è ovunque, ma il dito viene puntato sui "neri" come se appartenessero a una grande setta che controlla e indirizza il mondo». Smentisce, quindi, qualsiasi coinvolgimento di ex esponenti di Terza Posizione? «È solo un teorema ben orchestrato. Ripeto, si vuole così nascondere il marciume che questa inchiesta ha fatto venire a galla». Corruzione generalizzata e un futuro incerto? «Si deve ripartire dai principi e dagli esempi. La democrazia ha corrotto ogni cosa. Cominciando dalla storia: distorta e usata per i propri fini. Nel dopoguerra è stato cancellato ogni aspetto positivo degli anni precedenti. Mussolini, Paolini sono esempi positivi di quel fascismo che oggi è demonizzato da questa democrazia corrotta dal profondo. Deve essere attuato un mutamento culturale per cambiare la società». Questa è la sua opinione, che riportiamo, ma non condividiamo. Resta l'interrogativo: da dove cominciare? «Non può essere lasciato al partito dei magistrati questo compito. Il partito dei giudici ripete la crociata intrapresa con Tangentopoli contro le persone e, soprattutto, contro l'efficienza. Craxi allora e Bertolaso oggi, ne sono l'esempio. Questo non vuol dire simpatizzare con costoro. Sottolineo: si vuole fare pulizia e invece si fa peggio. La corruzione, il malaffare è bipartisan. Per me fare pulizia vuol dire che i corrotti devono essere condannati alla pena di morte. Non esiste un partito degli onesti, non c'è una parte buona, sana. La realtà ci presenta truffatori da entrambe le parti». Allora si inventa il complotto fascista? «Hanno persino tirato in ballo Alemanno. La realtà è che la corruzione è la caratteristica fondante della Repubblica democratica antifascista nata dalla resistenza». Una repubblica però fondata da tanti uomini onesti e perbene. Ieri come oggi. Questa vicenda ha fatto sì che si sia tornati a parlare di Terza Posizione. Cosa è rimasto di quell'esperienza politica? «Difficile determinarlo. Diverse persone che hanno militato in Terza posizione hanno intrapreso percorsi diversi. Certamente quell'esperienza, quei principi erano espressione di un'idea molto diversa da quella dominante» Qual era la spinta ideologica in quel periodo? «Eravamo riusciti ad attualizzare alcune idee e a proiettarle verso il futuro. Siamo stati i primi a capire quali fossero i rapporti internazionali che in quegli anni si andavano delineando. Gli scontri tra poteri e le contraddizioni di questa società democratica che aveva cancellato ogni esperienza precedente. In quegli anni puntavamo il dito sulla corruzione della società e del potere. E da lì a qualche anno si sarebbe materializzata con Tangentopoli. Oggi siamo alla seconda puntata».