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Belle case in quartieri chic

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Casebelle, lussuose, in quartieri chic. E poi terreni, soprattutto intorno a Roma e in altre province, come il Viterbese. Nell'inchiesta sulla presunta megatruffa Fastweb-Telecom Sparkle e filoni annessi (l'elezione del senatore Pdl Nicola Paolo Di Girolamo, le sospette collusioni con la 'ndrangheta e il ricilaggio) sono 246 gli immobili sequestrati da carabinieri del Ros e Guardia di finanza, per un valore di 48 milioni di euro. Il maggior numero di immobili compare sotto il nome dell'opaco imprenditore Gennaro Mokbel e della moglie Giorgia Ricci: lui con un passato vicino all'estrema destra e un presente di aderenze con mafia calabrese e malavita romana; lei impigliata nell'indagine. Tra case e terreni la coppia figura in diciannove proprietà. Il pezzo forte è una villa in Francia (Chemin de Retanaou), una reggia da 5 milioni di euro. Gli appartamenti (tre) sono tutti in zone belle di Roma: a Collina Fleming e Vigna Clara, sul mercato immobiliare valgono circa due milioni di euro. Altre proprietà (tra terreni e costruzioni) si trovano a Sacrofano romano (venti unità, un milione di euro), cinque nel Viterbese (Capranica, Sutri e Monte Romano), una in provincia di Rieti. L'altro Paperon de' Paperoni è Marco Toseroni, il broker: ventisei proprietà. Tre sono a Roma (due in via Italo Piccagli, la terza in via Flaminia), un'altra a Velletri, e il resto è concentrato a Vallo di Nera (Perugia). Al senatore gli investigatori hanno sequestrato sei immobili ricollegabili a lui, direttamente o indirettamente: via Euclide (circa 124 mila euro di valore), due piazzale a Maresciallo Giardino (ciascuna da 40.865 euro), via Teulada (197 mila euro) e ancora due a Monte Argentario, a Grosseto: in tutto meno di 70 mila euro. Il sospetto della Procura romana, documentato e irrobustito dalle indagini svolte da Ros e Finanza, è che i beni siano frutto dall'attività illecita svolta dal sodalizio. Siano stati cioè provento del riciclaggio, patrimonio acquisito con la complessa architettura che avrebbe dato luogo a quella che il giudice per le indagini preliminari ha definito «la più grande truffa della storia d'Italia».

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