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I vescovi incitano il Mezzogiorno a liberarsi del cancro della mafia

Il presidente della Cei, monsignor Bagnasco

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È durissima e molto esplicita la denuncia dei vescovi italiani sul legame tra mafia e politica che ancora «paralizza» il Mezzogiorno d'Italia. «La criminalità organizzata - scrivono - non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell'economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese». Ma nel testo pubblicato ieri essi stessi ammettono che non bastano più le denunce: «La mafia sta prepotentemente rialzando la testa. Di fronte a questo pericolo, si sta purtroppo abbassando l'attenzione. Il male viene ingoiato. Non si reagisce. La società civile fa fatica a scuotersi. Chiaro per tutti il giogo che ci opprime. Le analisi sono lucide ma non efficaci. Si è consapevoli ma non protagonisti». E in questa situazione «il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all'esautoramento, dell'autorità dello Stato e degli enti pubblici».

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