Fioravanti risponde ai pm: Mokbel solo un mascalzone
CosìValerio Fioravanti, ex terrorista di destra condannato per la strage dalla stazione di Bologna del 1980, ricorda Gennaro Mokbel, ritenuto nell'ordinanza del gip di Roma «capo indiscusso dell'organizzazione criminale» coinvolta nell'inchiesta del maxi-riciclaggio. Fioravanti nega che Mokbel abbia pagato per fare uscire dal carcere lui e la moglie, Francesca Mambro. E liquida la questione con poche parole nette: «Non è vero e penso che i nostri avvocati, che non hanno preso una, lira si offenderebbero al solo pensiero». Mokbel in una intercettazione parlando con Carmine Fasciani, boss di Ostia, litorale di Roma, si vanta dicendo che Francesca Mambro e Valerio Fioravanti «li ho tirati fuori tutti io ...tutti con i soldi mia, lo sai quanto mi so costati?....un milione e due...un milione e due...». Ma Fioravanti smentisce. E ricorda Mokbel come «un ragazzino sbandato, avvezzo alla violenza e alle droghe: un capellone con idee anarchiche fino a 20 anni, poi estremista di destra, che si autodefiniva naziskin, un ragazzetto nato negli anni '60 nella zona di piazza Bologna da una famiglia piccolo borghese, uno che militò nella «gioventù nera romana» all'epoca che preludeva agli anni di piombo. Fioravanti abitava nello stesso stabile di Rita Levi Montalcini, racconta Fioravanti, «e questo ci faceva un po' sorridere, perché il «grande naziskin» viveva nell'appartamento sotto quello della grande scienziata ebrea, con cui oltretutto aveva un buon rapporto di vicinato». Con il suo carattere «estroverso e furbetto», fa innamorare una ragazza di buona famiglia, Giorgia, con cui si sposa e va a vivere nella zona di via Cortina d'Ampezzo. «Lei ha sofferto - prosegue Fioravanti - per la vita un po' sregolata cui lui l'ha costretta ma lo ama e continua a stare con lui». Intanto dalle intercettazioni emerge Mokbel si voleva buttare nel mondo militare. «Mo, per rifare un po' di soldi a un certo livello, bisogna passà altri du anni... capito?... mo ho comprato... delle società estere... me voglio buttà nell'industria militare...». È il 30 gennaio 2008. A parlare, nel suo ufficio ai Parioli, è Gennaro Mokbel, uomo al centro dell'inchiesta sul maxi-riciclaggio. Le parole sono tratte da un'intercettazione riportata nell'ordinanza del gip Aldo Morgigni. Mokbel sta parlando con un non meglio identificato Walter e gli rivela l'intenzione di passare dalla telefonia all'industria militare. «Rilevante - sottolinea il testo dell'ordinanza - appare l'intenzione ...me voglio buttà nell'industria militare...', evidentemente con attività "commmerciali" di genere analogo a quelle già sperimentate con le società del settore telefonico».