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"Via da Confindustria chi ricicla"

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«Chi si macchia dei reati di corruzione e riciclaggio di denaro sporco e di collusione con la mafia, non può stare in Confindustria perchè contraddice i valori fondanti dell'associazione e il suo codice etico. Sia chiaro: non intendo riferirmi all'inchiesta su Fastweb perchè è tutto ancora molto confuso». Ivan Lo Bello, presidente della Confindustria Sicilia, è diventato con la sua crociata contro le aziende colluse con la mafia, un punto di riferimento per il sistema imprenditoriale. Facile quindi chiedergli se, come è stato per quegli imprenditori che hanno pagato il pizzo alla malavita organizzata, anche per chi è colpevole di riciclaggio, corruzione e frode fiscale, dovrebbe essere decisa l'espulsione da Confindustria. «È evidente che questi comportamenti illegali sono contrari ai valori costitutivi di Confindustria. La collusione con la mafia e la corruzione hanno come elemento comune il fatto che distorcono il mercato, falsano la concorrenza e ostacolano l'iniziativa imprenditoriale. La presenza in Confindustria è incompatibile per chi è riconosciuto colpevole di questi reati». Ma se nell'affare Fastweb dovessero essere coinvolti alcuni suoi associati come si comporterà Confindustria? «Sul caso Fastweb non voglio esprimermi, quindi facciamo un discorso di tipo generale. Innanzitutto bisogna distinguere tra le aziende e il management. C'è una responsabilità penale delle imprese che possono essere processate al di là delle singole persone fisiche che le guidano. Poi ci sono i casi in cui un manager commette un reato di corruzione per arricchimento personale e quindi senza coinvolgere l'azienda. In questo caso andrebbe sanzionato il manager e salvata l'azienda». Nel caso che un manager utilizzi l'azienda a cui è a capo, per operazioni illecite, che accade?  «Quando c'è collusione con la mafia è difficile che l'azienda sia estranea giacchè l'impresa beneficia del rapporto malavitoso. In caso di riciclaggio se l'impresa diventa il veicolo per questa operazione, la responsabilità è del management e dell'impresa. In queste situazioni la presenza in Confindustria non è più possibile. L'associazione ha già affrontato questo problema». Come? «Il codice etico di Confindustria prevede l'allontanamento dell'imprenditore e dell'impresa che si macchiano di un reato accertato con sentenza passata in giudicato. Per quanto riguarda i reati di collusione con la mafia, una delibera della giunta confindustriale ha esteso a tutte le associazioni del sud il codice etico adottato dalla Sicilia. C'è poi l'impegno del presidente Emma Marcegaglia a applicarlo all'intero sistema associativo nazionale. Assolombarda già lo ha fatto proprio». Intendete prendere qualche altra iniziativa per combattere reati quali la corruzione e la frode fiscale nel sistema imprenditoriale? «Stiamo già lavorando in questa direzione. Confindustria è l'unica associazione di categoria che ha intrapreso un'iniziativa contro quelle imprese che vivono border line con la mafia o hanno acconsentito a pagare il pizzo».

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