Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Di Girolamo, tra gli ex di An scatta il processo interno

Esplora:
Nicola De Di Girolamo con il presunto boss della 'Ndrangheta Franco Pugliese (immagine pubblicata dal settimanale L'Espresso)

  • a
  • a
  • a

Chi è Nicola Paolo Di Girolamo? E chi l'ha portato nel Pdl? Logico che il primo a cui bisogna porre questa domanda è il diretto interessato. Ma è stato impossibile. Il senatore accusa ha fatto ieri una conferenza stampa che è dirata meno di un minuto senza possibilità di porre domande e per sostenere che lui con la 'ndragnheta non ha nulla a che fare. Seconda tappa. Anche questa obbligata: il presidente dei senatori del partito del premier, Marizio Gasparri. Il quale pacatamente e insolitamente per lui pesa le parole. E lapidariamente afferma: «Il senatore Di Girolamo l'ho conosciuto al Senato». E che vuol dire? Forse vuol dire che Gasparri non l'aveva mai visto prima delle elezioni del 2008. Un modo, probabilmente, per sostenere che in lista non ce l'ha messo lui. Casomai ce l'ha ritrovato. E allora chi lo ha sistemato? Al gruppo del Pdl a Palazzo Madama c'è grande tensione, Gasparri è in giro, tutti mormorano che le liste elettorali non si fanno al Senato. Si fanno al partito. E Di Girolamo era in quota An. Oggi il settore Italiani nel mondo del Pdl è retto da Aldo Di Biagio, un deputato di stretta osservanza finiana. Che però al telefono chiede di non dichiarare nulla. Si limita a far capire a monosillabi che Fini non ha nulla a che fare con questa storia se non il fatto di aver chiesto di fare pulizie. E allora, se non l'ha candidato l'allora leader di An, chi l'ha piazzato negli elenchi? Le liste per l'estero, almeno per la parte che riguarda Alleanza nazionale, le ha compilate l'allora responsabile di settore, Marco Zacchera. Il quale però nega che quel nome sia stato «imposto» da qualcuno: «Ma no, è stato un riempitivo. In lista doveva esserci una esponente di Forza Italia che si doveva ricandidare e invece poi ha rinunciato. Così è spuntato fuori il nome di Di Girolamo ma nessuno pensava che sarebbe stato eletto, non era neppure in cima alla lista. E devo dire che il suo successo ha stupito un po' tutti». Ma è possibile che un illustre sconosciuto entri in una lista del Pdl per il Senato senza alcuna verifica? Paradossalmente sì. «Guardi – spiega ancora Zaqcchera – lui è arrivato assolutamente per caso. Mi ricordo che mi ha mandato un curriculum in cui risultava un avvocato a livello internazionale. E io mi sono segnato il nome. È chiaro che tra uno così e, faccio un esempio, un minatore, la scelta cade sul primo. Poi l'ho incontrato, mi è sembrato una brava persona, e l'ho messo in lista. Non posso certo spulciare tutte le candidature che arrivano dall'estero. Certo se avessi sospettato qualcosa non l'avrei fatto presentare. L'ho detto anche al giudice che mi ha interrogato, nel 2008, sulla vicenda dell'irregolarità della sua elezione: "Giudice io non mi ricordo chi me lo ha presentato"». «La colpa sa di chi è? – prosegue Zacchera – di questa legge sul voto degli italiani all'estero voluta da Tremaglia. Ci sono una serie di complicazioni, cavilli burocratici. Verità per verità, sa quanti deputati hanno la residenza all'estero e il domicilio in Italia? Forse quella di Di Girolamo è stata una forzatura, sarà andato a mettersi in regola all'ultimo minuto, ma comunque la casa a Bruxelles l'aveva, aveva il contratto della luce, del gas. E le dico anche che per il voto in Europa siamo abbastanza sicuri, non credo che un postino tedesco si faccia corrompere nella consegna delle schede. Ma lei si immagina cosa può succedere in Argentina, dove oltretutto il servizio postale è affidato a privati?». E Fini? Non parla, almeno in pubblico. Parla con i suoi: «I fatti contestati sono gravi. Mi auguro che si faccia subito pulizia. Già prima era necessario avere il massimo rigore nella formazione delle liste. A maggior ragione bisogna essere inflessibili ora».

Dai blog