Chi sarà il prossimo? Il Palazzo aspetta il "botto"

  E chi sarà il prossimo? Nel Palazzo è la domanda che si fanno subito. Da dove arriverà il prossimo tintinnar di manette che già ode Giancarlo Abelli, deputato lombardo, al punto da averlo messo nero su bianco in una lettera inviata a Silvio Berlusconi? Chi sarà il prossimo, dunque? Il clima si sta facendo ogni giorno più esasperato, soprattutto all'interno della maggioranza. Questioni giudiziarie e questioni politiche si intrecciano: almeno in questo, forse, c'è una similitudine con il periodo di tangentopoli. Ma forse solo per quello. In questo clima irrompe alla Camera Ignazio La Russa, ormai sotto assedio. Le voci di un suo avvicendamento al coordinamento del Pdl con Italo Bocchino girano da sei mesi. Come dall'estate si parla di un suo siluramento visto che Berlusconi vorrebbe l'istituzione di un coordinatore unico. Voci. Che tuttavia il ministro della Difesa prende molto seriamente tanto che nel cortile abbaia contro un giornalista reo di aver scritto che stava lavorando per fare fuori Bocchino. Se ne va, si piazza sotto i gazebo per fumatori. Si fa il solito capannello, arrivano i lombardi, Viviana Beccalossi. Quelli che collaborano al ministero come Alessandro Ruben. Compare Mario Landolfi che annuncia che è andato al primo tavolo del centrodestra in provincia di Caserta, s'è trovato 17 liste, alcune di dubbia provenienza, e dunque ha deciso di correre da solo. Di questi tempi, si capisce. La Russa intanto sbraita. Dal gazebo si sposta su una panchina. Alza la voce. Chiama il portavoce di Fini che sta sfumacchiando in un angolo, protesta pure con lui. Si apre una porta e scende le scale lui, l'accusato numero uno: Italo. Savino, il mitico centralinista del Secolo che affibbiava soprannomi che hanno segnato le carriere dei missini, l'aveva chiamato «er socetto». Perché «er socio» era Tatarella. Bocchino è inviso agli ex Forza Italia perché troppo finiano. E anche gli ex An diffidano. Lui appare nel suo olimpionico distacco. Ride. Scherza. Va da La Russa, lo saluta calorosamente, abbraccia la sua segretaria. Sorrisi e coltellate. Risate e tensione, facce tese. Chi sarà il prossimo? Nel Palazzo aspettano tutti una nuova retata di arresti a Roma. Se l'aspettano soprattutto coloro che hanno avuto modo di mettere mano alle ventiduemila pagine dell'inchiesta su appaltopoli che ha coinvolto il presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici, Angelo Balducci, e sfiorato anche Guido Bertolaso. Manette che potrebbero scattare presto. Poi c'è Milano. Da mesi si parla di nuove manette. Di sicuro il Pdl stenta a chiudere liste e listini in Lombardia perché non è ancora chiaro se inserire in lista o no proprio Abelli, deputato e marito di Rosanna Gariboldi, che ha patteggiato una pena per le bonifiche a Montecity. Alla fine Abelli, che non ha nessun procedimento in corso, dovrebbe entrare. «Ma no, il botto arriverà da giù. Da Napoli», dice un deputato del Pdl che sembra saperla lunga. La voce che circola insistentemente è che i magistrati siano sulle tracce di un importante mafioso. Pare che gli investigatori siano sulle sue tracce, lo abbiano individuato e siano pronti a far scattare le manette. Che c'entra con la politica? C'entra eccome visto che il rapporto tra camorra e politica era stato uno dei tempi della prima parte della campagna elettorale. E poi anche perché il boss che rischia di essere acciuffato potrebbe raccontare qualcosa di interessante sui rapporti che la mafia ha intrattenuto con esponenti della politica. Proprio Landolfi sta scrivendo un libro sulla relazione tra camorra casertana e la sinistra. C'è già il titolo: Sgomorra, ovvero la Sinistra e Gomorra. Forse dovrà aspettare ancora qualche tempo prima di mandarlo alle stampe, potrebbe essere costretto ad aggiornarlo.