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Un pusher eletto ad di una società

Riciclaggio, bufera su Fastweb e Telecom Sparkle

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Nel giro illegale di milioni e milioni di euro non c'erano solamente alti dirigenti, personaggi legati alla 'ndrangheta e ad altre organizzazioni criminali. La banda, individuata dalla magistratura come responsabile di una maxi frode, utilizzava anche persone che entravano e uscivano dal carcere. Individui che non avevano nulla da perdere e che, secondo le forze dell'ordine, potevano essere corrotte con una manciata di soldi. Nell'ordinanza di custodia cautelare c'è infatti anche la figura di uno spacciatore, fatto diventare dall'organizzazione accusata di riciclaggio prestanome di una società che poi avrebbero usato a loro comodo. L'uomo è stato interrogato dalla Guardia di Finanza il 13 dicembre del 2006. Finanza: «Quale lavoro svolge?». Giovanni S.: «Svolgo da circa un anno il lavoro di commesso in un negozio di alimentari a Roma. Precedentemente lavoravo come facchino per una ditta che vendeva mobili a Roma. Prima sono stato detenuto a Rebibbia per quattro anni, fino al 2001. Ero detenuto per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tentato furto, violazione di domicilio, non ricordo se mi erano stati contestati anche altri reati». Finanza: «Ha mai rivestito cariche sociali in società?». G.S.: «Sì, mi era stato proposto di essere amministratore di una società, mi fecero firmare delle carte per una cosa per cui ci sarebbero stati successivamente incontri». Finanza: «Chi le fece la proposta, quando e quali società le vennero proposte da amministrare?». G.S.: «La proposta mi venne fatta da un ristoratore che io conoscono come "Bobo", la società di cui sarei dovuto diventare amministratore credo si chiamasse Telefox e si occupava di televisione. "Bobo" mi disse che se volevo guadagnare qualche soldo mi poteva far aprire questa società. "Bobo" mi accompagnò da un notaio nella zona di Corso Trieste e per mettere la firma mi diede 50 euro. Poi non ho più saputo nulla di questa società». Molte le intercettazioni alla base dell'indagine che hanno permesso al Ros e alla Finanza di sgominare l'organizzazione dedita al riciclaggio. Intercettazioni telefoniche che, scrive il gip nell'ordinanza di custodia cautelare, «hanno avuto numerosi riscontri in atti da parte della polizia giudiziaria». «Il contenuto delle telefonate - aggiunge il gip - nonostante le evidenti cautele adottate dagli interlocutori nel non menzionare mai il denaro o l'oggetto reale delle conversazioni (in modo quasi ossessivo) e le frasi convenzionali dagli stessi utilizzate, va chiaramente riferito all'ingente attività di riciclaggio dei proventi delittuosi dell'associazione». Nell'inchiesta sul maxi riciclaggio effettuata dalla procura distrettuale antimafia di Roma compaiono, inoltre, i nomi di un avvocato romano, Paolo Colosimo, di un broker della Capitale, Marco Toseroni, e di altri personaggi e professionisti che il gip definisce nell'ordinanza di custodia cautelare «di primo piano della vita giudiziaria e politica romana». Paolo Colosimo era stato arrestato nell'ambito dell'indagine sul fallimento di alcune società dell'imprenditore Danilo Coppola. In questa inchiesta, invece, Colosimo, colpito da ordine di custodia cautelare, è accusato in particolare di violazione di una legge del '92 che prevede il reato di intestazione fittizia di beni. Ma anche l'aggravante di aver agito per favorire un'associazione mafiosa. Il broker romano Marco Toseroni, consulente di una società di investimenti finanziari di Treviso, è stato arrestato e accusato di associazione a delinquere finalizzata a dichiarazioni infedeli, fatturazione falsa, riciclaggio, occultamento e distruzione di documenti contabili e intestazione fittizia di beni. Secondo l'accusa avrebbe effettuato numerose operazioni fittizie, tra il 2003 e il 2008, riguardanti la compravendita di servizi di interconnessione telefonica con società di comodo di Singapore, Hong Kong, Lugano, Dubai, Vienna, Cipro, Panama, Milano, Roma e Treviso. Un sistema, questo, che permetteva, secondo quanto scritto nell'ordinanza di custodia cautelare, di «ripulire e reinvestire centinaia di migliaia di euro».  

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